Professor Cacciari, sorpresa: secondo l’intelligence Usa, la controffensiva di Zelensky è destinata al fallimento.
Davvero una gran sorpresa: tutti gli analisti militari l’avevano previsto. Ma la follia era nel principio: l’obiettivo, per tutto il cosiddetto Occidente, era la sconfitta politica e militare totale della Russia. Per arrivare a un risultato del genere, occorrevano davvero i missili a lungo raggio che chiede Zelensky, per portare la guerra in territorio russo, altro che qualche drone.
Infatti Kiev continua a invocarli.
Cosa dovrebbero fare, dal loro punto di vista? È naturale: vogliono essere armati in modo più efficace, se l’obiettivo su cui li hanno illusi è il tracollo della Russia. Ora, faticosamente, gli americani cominciano ad accorgersi di aver alimentato una strategia totalmente avventuristica e provano a fare marcia indietro. Ma ormai il pasticcio l’hanno combinato ed è tremendo.
È solo una questione strategica?
Io l’ho detto, all’inizio, a differenza di altri: è legittimo decidere di armare un alleato, in determinate situazioni. Ma bisogna porsi obiettivi realistici: arma l’Ucraina, respingi l’invasione e poi tratta con la Russia su una base concreta, come poteva essere quella che hanno proposto Indonesia, India e Brasile. Ma cosa vuoi trattare, invece, se il tuo obiettivo è la sconfitta totale dell’avversario? Purtroppo siamo in mano a dei pazzi.
Crede che gli Usa alla fine possano cedere alle richieste di Zelensky sui missili a lungo raggio?
Credo gli Stati Uniti ne abbiano compreso le implicazioni: se invece di un drone, in Piazza Rossa cade un missile, la reazione di Putin quale potrà mai essere? Va bene che alla Casa Bianca c’è un signore anziano in confusione, ma a tutto c’è un limite… i missili a lungo raggio all’Ucraina sarebbero una follia assoluta.
Secondo Luciano Canfora, gli Usa ripiegano perché il vero nemico è la Cina.
È chiaro che lo scontro epocale sarà quello con la Cina, si vedrà più avanti, ma al momento siamo in una situazione, in Ucraina, che da “antefatto” rischia di trasformarsi in “fatto”. Perché la guerra è stata gestita in modo talmente sconsiderato, da parte americana e da parte occidentale, che le conseguenze non sono ancora del tutto prevedibili.
In parallelo al cambio di strategia degli Usa, c’è il ripiegamento della retorica bellica di casa nostra.
E questo è ancora più vergognoso. Siccome gli Stati Uniti si sono resi conto del vicolo cieco in cui si sono e ci hanno messi, ecco che cambiano linea anche i nostri cantori del “Viva l’Ucraina”, “Viva la vittoria”, “Vittoria o morte”. Sono servi, ripiegati sulle posizioni più ciecamente e acriticamente filoamericane e atlantiche di questo mondo. Non vedo cambiamenti, ma una perfetta continuità nella linea di questi fedeli osservanti: è sempre quella degli Usa, quale che sia.
L’avevano infilato nella lista degli “amici di Putin”.
Cialtroni erano e cialtroni sono rimasti. C’è una sottomissione intellettuale totale: una débâcle culturale che inizia sugli altari del neoliberismo, con il mito di Blair e di Clinton e prosegue ininterrotta, fino all’apoteosi con Renzi. Dal piano delle politiche economiche e finanziarie, si è poi spostata sulla politica estera e internazionale. Era perfettamente prevedibile.
Ora in Ucraina che succede, come va a finire?
Mi auguro che questo ripensamento americano proceda e si riesca ad avviare finalmente una trattativa sulla base di alcuni principi. Per esempio, quello applicato in modo inflessibile in Kosovo: l’autodeterminazione. Perché non si fanno dei referendum in Donbass e Crimea, controllati dall’Onu, con tutti gli osservatori di questo mondo, per far decidere a quelle popolazioni se preferiscono stare con Zelensky o con la Russia? Sono princìpi cui dovrebbero essere sensibili i cultori della civiltà occidentale.
Ci crede davvero?
Per loro sono solo parole. L’autodeterminazione dei popoli la trattano come una delle chiacchiere più fetenti di questo mondo. I diritti umani li tirano fuori solo in base ai calcoli d’interesse. In Kosovo serviva far fuori definitivamente la Serbia come potenza regionale e si è deciso che valeva il principio di autodeterminazione dei popoli, in altre situazioni se ne sono strafottuti.