Prodi ora ha paura: «Sulle tasse abbiamo sbagliato»
A una settimana dal voto e dopo giorni sulla graticola per colpa del pasticcio combinato dall'Unione sulle tasse, Romano Prodi ammette: «Non è stato un errore, ma uno sbaglio di comunicazione».
E di quello «sbaglio», che gran confusione ha innescato sulle reali intenzioni fiscali del centrosinistra, si assume la responsabilità, in condominio con Fausto Bertinotti: «Abbiamo dato risposte d'istinto» sulle possibili soglie oltre le quali far scattare l'imposta di successione, confessa. E così son venute fuori quelle due cifre, 180mila euro per il leader di Rifondazione, 250mila per il candidato premier, che hanno dato il «la» alle polemiche, alle smentite e alle contraddizioni interne all'Unione che hanno segnato le ultime settimane. Cifre entrambe sbagliate, si auto-boccia il Professore. «Ma ora - rassicura - c'è un'intesa di tutta l'Unione nel dire che l'imposta verrà applicata solo alle fortune di alcuni milioni di euro». Patrimoni talmente grossi che quell'imposta «io stesso sono ben lontano dal dover pagare».
Inevitabile che le tasse siano state il piatto forte della puntata di In mezz'ora, la trasmissione di Lucia Annunziata su Raitre che ieri vedeva ospite il Professore. Inevitabile anche che venisse evocata la scena cult andata in onda nello stesso studio quando Silvio Berlusconi sul più bello si è alzato, ha stretto la mano alla conduttrice e se ne è andato esclamando: «E poi dicono che io controllo la Rai... ». Prodi, pungolato a suo parere troppo a lungo sull'antipatico tormentone tasse, a un certo punto è insorto: «Adesso io voglio rispondere con quello che è il programma definito con l'accordo di tutti». La Annunziata lo ha interrotto: «Deve rispondere anche alle mie domande, però». Al leader dell'Unione è toccato arrendersi: «D'accordo, non vado via, io». «Questo è diventato uno scherzo nazionale - ha ribattuto Annunziata - ma rimane sempre il problema di chi viene qui cerca di dire le domande alle quale vuole rispondere».
Però la tentazione di imitare il suo rivale per qualche istante deve averla avuta, il Professore, durante quel seccante interrogatorio a base di: «Quanto paga lei di Ici?» (evidentemente ci pensa la moglie perché Prodi non lo sa: «Se mi avesse avvertito avrei portato la bolletta», dice); e di: «Ma lei che ha parlato di 250mila euro di tetto, lo sa che casa ci si compra con quella cifra?» (Prodi azzarda ottimista: «Ottanta metri quadrati. Ma in periferia»). E infatti a fine trasmissione, imbronciato, si stava allontanando in fretta, senza sorridere e senza neppure salutare, e solo il pronto intervento del suo diplomatico portavoce Silvio Sircana lo ha trattenuto sull'uscio per fargli stringere la mano alla giornalista.
Non bastassero le tasse e le case, gli è toccato anche ricordare la celebre seduta spiritica durante la quale il fantasma di La Pira gli sussurrò «Gradoli». Ma «era un periodo molto particolare», spiega lui, «e ne ho già riferito a tutte le commissioni parlamentari, come hanno fatto tutti i partecipanti. Tra cui anche il viceministro Baldassarri: Berlusconi poteva chiedere a lui...». Sui nomi dei suoi eventuali ministri e sul prossimo inquilino del Quirinale non si sbilancia. A chi darebbe il dicastero dell'Economia? chiede Annunziata. «Nella democrazia seria - risponde Prodi - prima di indicare i ministri si aspettano le elezioni. In ogni caso, se vinciamo, io avrò un peso forte nel formare la squadra». E per il Colle si può ipotizzare un Ciampi bis? «La mia stima per Ciampi è, vorrei dire, illimitata. Prima deve decidere lui se la cosa gli interessa o no e lui ha detto no. Poi, aspettiamo le elezioni politiche». Già, le politiche: sul risultato del 10 aprile arriva la domanda-trabocchetto: e se finisse in un pareggio?
«Se c'è incertezza si deve tornare a votare prima possibile», dice Prodi, ma «è evidente che sarebbe una mia sconfitta».