Ecco, credo che questa foto renda l’idea di come sia l’ambiente che ci accoglie.
Qualcuno ha anche avuto la fantasia di appendere un camice da dottore al soffitto, tanto perché l’ambiente altrimenti non era abbastanza strano e inquietante…
Si possono vedere le impronte di chi è passato prima di noi sulla guaina in linoleum, notate come luccicano e risaltano, ci si rende conto del forte passaggio di vandali e ladri, tutto è spostato, rotto, (ricordate, un vero urbex non rompe ruba e quasi nemmeno tocca nulla).
Proseguendo, da alcune stanze nel buio si intravede una scia scura, come qualcosa di trascinato, forse un corpo? No, non esageriamo, guardando meglio si capisce che i caloriferi sono stati rimossi e trascinati fuori appoggiandoli su degli stracci umidi, probabilmente per non fare troppo rumore.
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Un altro corridoio degli infiniti già percorsi, il controsoffitto in fibra isolante è sfondato, i pannelli sono sbriciolati sul pavimento e l’atmosfera è tetra più che mai, nella maggior parte dell’edificio regna la quasi totale oscurità, ci spostiamo con delle torce.
Davanti la luce quasi accecante, probabilmente una stanza con una finestra che dà sull’esterno, a destra le porte di quelli che presumibilmente erano studi mentre a sinistra l’ennesima svolta che non sappiamo dove ci porterà.
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Ci mettiamo un po’ ma finiamo di visitare il piano dell’edificio in tutte le sue parti, vi ricordo che l’intero complesso è formato da 3 edifici come questo con 3 piani fuori terra più la soffitta e i sotterranei.
Siamo nuovamente sulla tromba scale da cui abbiamo iniziato e prima di proseguire su una mensola c’è qualcosa che ci ricorda cos’era questo edificio prima di tutto ciò, “attenzione bambino, zona libera dal fumo” già… guardandolo così questo sembra più un luogo di sofferenza, in realtà ha accolto anche tanta gioia delle madri e famigliari dei bambini e di coloro che sono stati curati e guariti.
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Altro piano e altri infiniti e interminabili corridoi, dentro e fuori da ogni porta, svolta dopo svolta gli ambienti sono tutti differenti ma accomunati dal freddo e dalla solitudine di un ospedale che ha perso la sua funzione dal lontano Marzo del 2005 (testimoniato da un calendario trovato appeso al muro).
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Nelle stanze per i malati restano poche cose, questo presumo sia la strumentazione per l’ossigeno, colpisce la presenza dell’acqua nei barattoli di vetro, quasi fosse tutto pronto per essere rimesso in funzione da un momento all’altro.
Mi sorge una domanda mentre scrivo (forse banale), quante persone avrà tenuto in vita e salvato questa strumentazione e questo edificio, con i medici, infermieri, chirurghi e personale che vi lavoravano prima di essere abbandonata?
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Finiamo di visitare i piani superiori, inclusa la soffitta in cui tra gli scaffali caduti e i mobili dismessi accumulati regna il caos.
Torniamo alla base dell’edificio, quella parzialmente seminterrata, troviamo subito la chiesa, nessun rispetto nemmeno per questa, sembra meno vandalizzata ma solo perché ci sono le vetrate che danno sui parcheggi condominiali delle case vicine, noi stessi per uscire dobbiamo camminare quasi a gattoni sotto le finestre per non essere visti e allarmare le persone che in passato hanno purtroppo assistito ad atti di vandalismo (come riportato dai giornali) e potrebbero pensare male.
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Usciamo dalla chiesa e proseguiamo, ci accorgiamo ben presto che questo piano, eccetto per la chiesa, era riservato ai soli dipendenti.
La vegetazione che avanza, spinge la porta e si addentra nei corridoi è per me molto significativa e simbolica, la sedia rivolta verso di essa sembra un invito alla riflessione ma non posso accettare, c’è altro da vedere…
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Già, proprio così, la sala autopsia, avete presente cosa si faceva qui giusto?
Sulla sinistra (vi sono appoggiato per scattare la foto) c’è la piccola cella frigorifera da 2 posti della quale evito di mettere la foto.
Entriamo nella sala autopsia, con rispetto, è quasi una seconda chiesa questa…
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Uno dei 3 componenti del gruppo preferisce aspettarci sulla soglia, entriamo in 2, è molto buia e piccola, illuminiamo con le torce, è anche la zona più fredda dell’ospedale, varcando la soglia si percepiscono 2 o 3 gradi in meno rispetto al resto del seminterrato e in questa zona i telefoni non prendono.
Il bancone dell’autopsia è lì in bella vista, che ci crediate o no è la parte più intatta dell’intero edificio, l’unica in cui il lavandino non sia rotto, i prodotti igienizzanti sono ancora al loro posto e il calorifero non è stato rubato!!
Sembra tutto come è stato lasciato.
Rispetto o paura da parte dei vandali e ladri, voi cosa ne dite?
C’è talmente buio che anche scattando con valori estremi non riesco a fare una foto decente, non sono provvisto di cavalletto e decido per la prima volta di usare il flash integrato (dimenticando di rimuovere il paraluce…)
Nella scatola di cartone c’è una confezione, forse non riuscirete a leggere con la risoluzione ridotta ma sulla foto originale si legge chiaramente la scritta che recita “SIRINGA MONOUSO PRECARICATA contenuto 500cc di formaldeide 24%”, con una breve ricerca in internet scopro che la formaldeide era usata per esempio per conservare gli animali impagliati o in questo caso tessuti in generale, l’ambiente non ispira quindi a maggior ragione non tocchiamo nulla.
Non sono proprio bei posti felici ragazzi, meglio uscire in fretta…
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Ci spostiamo in un luogo meno infelice, le cucine, o almeno quello che ne resta…
Tutto molto vandalizzato, solite impronte sul pavimento che testimoniano un certo passaggio, di quello che erano i piani cottura e le varie strumentazioni non resta praticamente nulla.
A sinistra degli strani oggetti in plastica, sono veramente tanti, forse coperchi di varie dimensioni ma di cosa?
Nella parte a estrema sinistra, fuori dall’inquadratura, c’è la porta per accedere al corridoio delle celle frigorifere, proseguiamo in questa direzione.
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