Struttura di un IC

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Ciao tutti da un po' di tempo mi frulla in testa questa domanda, cioè com'è fatto un circuito integrato (memorie, processori, ecc.) a livello dei singoli transistors (tipo come sono collegati tra di loro, e in che modo si ottengono le varie parti come gli ALUs, i buffers, i registri, ecc.) :boh:?

In giro si trovano solo i grafici e le foto dei die che non dicono nulla su come sono fatti
 
Funzionano con le porte logiche. Ogni porta è in grado di eseguire una operazione logica (AND, OR, NOR, NAND, NOT, XOR etc etc) e combinandole fra loro ottieni diverse componenti dei normali computers. Ad esempio moltissimi hard disk SSD sfruttano le porte NAND. Ovviamente non tutti gli integrati funzionano così, alcuni - come nelle calcolatrici - hanno un compito specifico e sono fatti apposta per quel compito, tipo so che esiste un circuito dedicato che calcola la radice quadrata. Comunque qualche laureato/laureando in ingegneria elettronica ti potrà aiutare meglio di me.

EDIT: LE ALUs.
 
Innanzitutto dobbiamo distinguere, in base al tipo di processo produttivo utilizzato per produrli, i circuiti integrati (C.I.) monolitici da quelli ibridi.
Nei monolitici (dal greco "unico blocco di pietra") tutti i componenti, attivi e passivi, vengono realizzati su un singolo chip di silicio mediante un processo di diffusione.
La successiva "metallizzazione" collega i vari componenti tra di loro e così si ottiene la struttura desiderata.
Tale tipo di tecnologia è in pratica identica all'implementazione di componenti elettronici su un circuito stampato, con tutti i vantaggi in termini di miniaturizzazione.
La maggior parte degli amplificatori operazionali, che hanno un'ottima affidabilità e stabilità termica, presenta questo tipo di struttura che consente, tra l'altro, la realizzazione di grandi serie di modelli a basso costo.
Non sempre è possibile, però, integrare l'intero circuito su un singolo pezzo di silicio: ciò accade perché alcuni componenti, attivi o passivi, dissipano potenze molto elevate oppure perché vengono richiesti specifici parametri, come ad esempio una particolare banda passante.
In questo caso si preferisce realizzare una struttura mista, cioè monolitico più componenti esterni, che viene definita ibrida.
Su uno stesso substrato isolante si realizzano le interconnessioni tra i componenti attivi (BJT, MOS, ecc.) e quelli passivi (resistori e condensatori).
In realtà i processi tecnologici relativi ad una struttura ibrida sono due:
1) a film sottile, in cui sullo stesso substrato, mediante evaporazione di un determinato drogante, si formano sia i componenti passivi che le interconnessioni; il chip risultante avrà dimensioni più grandi rispetto ad un chip monolitico ma non di molto;
2) a film spesso, in cui sia i componenti passivi che le interconnessioni vengono realizzati nel substrato mediante un procedimento fotolitografico cosiddetto di "mascheratura": in questo caso, però, le dimensioni del chip sono decisamente superiori di quelle di un chip monolitico.
A presto e grazie :)
 
Grazie @gronag per la eloquente spiegazione. Purtroppo all'università ho studiato solo l'aspetto logico dell'argomento, ma quello fisico ce lo hanno risparmiato. Per curiosità ho letto che sei professore: che insegni? E a che livello? Cioé superiori, uni etc etc. Grazie ;)
 
Ciao lock3r,
insegno Matematica, Fisica, Elettronica, Telecomunicazioni, Informatica, Sistemi, T.D.P., Calcolo delle Probabilità e Statistica, Meccanica, ecc.
Sono specializzato nell'insegnamento agli allievi degli istituti superiori (in genere ITIS o IPSIA).
La mia formazione di base è scientifica, ho studiato Cibernetica alla Sapienza :D
Ciao ;)
 
Ciao lock3r,
insegno Matematica, Fisica, Elettronica, Telecomunicazioni, Informatica, Sistemi, T.D.P., Calcolo delle Probabilità e Statistica, Meccanica, ecc.
Sono specializzato nell'insegnamento agli allievi degli istituti superiori (in genere ITIS o IPSIA).
La mia formazione di base è scientifica, ho studiato Cibernetica alla Sapienza :D
Ciao ;)

:shock:
Verrei a lezione da te se fossi lì :sisi: :rock:
 
Che differenza c'è tra Reti Combinatorie e Reti Sequenziali ?
In una Rete Combinatoria, i valori delle uscite, ad un certo istante, dipendono unicamente dai valori degli ingressi nello stesso istante, per cui il ripetersi di una stessa configurazione di ingresso produce la stessa risposta delle uscite, senza tenere conto in alcun modo degli stati precedenti.
In una Rete Sequenziale, invece, gli stati delle uscite dipendono non soltanto dagli stati logici attuali ma anche da quelli PRECEDENTEMENTE acquisiti dagli ingressi.
Che significa tutto ciò ?
Significa che il circuito sequenziale dovrà ricordare lo stato precedente, il quale viene dunque memorizzato e mantenuto.
Ciò conduce al concetto di circuiti di memoria: tali circuiti, dovendo "ritenere" l'informazione relativa allo stato precedente, dovranno essere provvisti di una rete di retroazione in modo da trasferire in ingresso tale informazione.
Si tratta, quindi, di circuiti ad ANELLO CHIUSO.
Ciò comporta dei ritardi, più marcati rispetto a quelli di propagazione di un circuito combinatorio che opera ad anello aperto, nella commutazione degli stati in quanto tale commutazione avviene passando attraverso configurazioni aleatorie e in più fasi.
Ad ogni modo, i circuiti sequenziali vengono realizzati con transistor MOSFET oppure a porte logiche integrate e sono riconducibili, come principio di funzionamento, ai cosiddetti Flip-Flop (Multivibratori Bistabili, ciascuno in grado di memorizzare 1 bit).
Altri circuiti sequenziali sono i registri, i contatori, le memorie (Ram, Rom, ecc.).
Un esempio di massima complessità di una Rete Combinatoria è rappresentato dalla ALU (Unità Logico-Aritmetica), un integrato programmabile tramite alcuni ingressi di selezione, in grado di eseguire operazioni aritmetiche, quali l'addizione, la sottrazione, la complementazione, oppure operazioni logiche di OR, AND, NOT, ecc.
Le ALU sono integrate, con alcune modifiche sugli ingressi e sulle uscite, nei microprocessori, all'interno dell'unità centrale, e nelle GPU.
Grazie, a presto ;)

P.S. In figura lo schema a blocchi di una ALU (integrato TTL LS74181 della Texas Instruments) ;)


 
Tenendo conto delle diverse strutture tecnologiche ed in particolare del fatto che, per la loro costruzione, possono essere utilizzati sia componenti bipolari (come, ad es., i transistor BJT in cui la corrente dipende sia dalle cariche maggioritarie che da quelle minoritarie) che componenti unipolari (transistor FET e MOS in cui la corrente dipende soltanto dai portatori maggioritari), i circuiti digitali vengono classificati in FAMIGLIE LOGICHE.
Avremo, dunque, una "famiglia bipolare" che raggruppa circuiti digitali, costruiti con diodi e transistor BJT, che assumono diverse denominazioni: DL (logica a diodi), DTL (logica diodi-transistor), TTL (logica transistor-transistor, tra i più utilizzati) e così via.
All'interno di queste serie possiamo trovare, poi, delle sotto-categorie che evidenziano particolari parametri, come ad es. la velocità di risposta o la dissipazione di potenza, differenti da quelli delle serie Standard.
La "famiglia unipolare" realizzata con tecnologia MOS, invece, è ramificata in più di dieci sotto-categorie: CMOS, NMOS, PMOS, FAMOS, ecc.
Attualmente la totalità dei circuiti digitali viene realizzata con tecnologie unipolari.
Possiamo, però, adottare anche una classificazione dei circuiti digitali basata sul numero totale di componenti utilizzati sullo stesso chip, ossia basandosi sulla cosiddetta "densità di integrazione".
Otterremo, quindi, una "scala di integrazione" così formata:

SSI (piccola scala di integrazione): componenti < 100, circa 10 porte logiche;
MSI (media scala di integrazione): 100 < componenti < 1000, 10-100 porte logiche;
LSI (grande scala di integrazione): 1000 < componenti < 10000, 100-1000 porte logiche;
VLSI (grandissima scala di integrazione): componenti > 10000, porte logiche > 1000;
ULSI (ultra-grande scala di integrazione): scala dei microprocessori a 32/64-bit realizzati attualmente con milioni di componenti.

Va da sé che tutti gli attuali componenti integrati sono realizzati con tecnologie unipolari, che ovviamente consentono di ottenere delle densità di integrazione sempre più grandi con parametri elettrici migliori.
Grazie e buona lettura ;)
 
Innanzitutto dobbiamo distinguere, in base al tipo di processo produttivo utilizzato per produrli, i circuiti integrati (C.I.) monolitici da quelli ibridi.
Nei monolitici (dal greco "unico blocco di pietra") tutti i componenti, attivi e passivi, vengono realizzati su un singolo chip di silicio mediante un processo di diffusione.
La successiva "metallizzazione" collega i vari componenti tra di loro e così si ottiene la struttura desiderata.
Tale tipo di tecnologia è in pratica identica all'implementazione di componenti elettronici su un circuito stampato, con tutti i vantaggi in termini di miniaturizzazione.
La maggior parte degli amplificatori operazionali, che hanno un'ottima affidabilità e stabilità termica, presenta questo tipo di struttura che consente, tra l'altro, la realizzazione di grandi serie di modelli a basso costo.
Non sempre è possibile, però, integrare l'intero circuito su un singolo pezzo di silicio: ciò accade perché alcuni componenti, attivi o passivi, dissipano potenze molto elevate oppure perché vengono richiesti specifici parametri, come ad esempio una particolare banda passante.
In questo caso si preferisce realizzare una struttura mista, cioè monolitico più componenti esterni, che viene definita ibrida.
Su uno stesso substrato isolante si realizzano le interconnessioni tra i componenti attivi (BJT, MOS, ecc.) e quelli passivi (resistori e condensatori).
In realtà i processi tecnologici relativi ad una struttura ibrida sono due:
1) a film sottile, in cui sullo stesso substrato, mediante evaporazione di un determinato drogante, si formano sia i componenti passivi che le interconnessioni; il chip risultante avrà dimensioni più grandi rispetto ad un chip monolitico ma non di molto;
2) a film spesso, in cui sia i componenti passivi che le interconnessioni vengono realizzati nel substrato mediante un procedimento fotolitografico cosiddetto di "mascheratura": in questo caso, però, le dimensioni del chip sono decisamente superiori di quelle di un chip monolitico.
A presto e grazie :)
Non poteva essere spiegato diversamente:ok:

Come la Treccani definisce un I.C.

"circùito integrato Circuito realizzato con un unico procedimento fisico-chimico, che consente di ottenere una elevata densità dei componenti in dimensioni molto ridotte. Il c.i. può essere di tipo elettrico, di tipo ottico o misto elettro-ottico; può essere realizzato su un unico supporto costituito da una piastrina (wafer) di silicio monocristallino purissimo e, in questo caso, è detto c.i. monolitico; se è realizzato in più parti su vari supporti, è detto c.i. polilitico o ibrido. Per costruire i componenti elettronici sul wafer è necessario drogare il silicio stesso, cioè sostituire nel suo reticolo cristallino alcuni atomi con altri di opportuni elementi (fosforo, bario ecc.), in punti precisi determinati dalla struttura circuitale voluta e in concentrazione esatta. La costruzione di c.i. monolitici si giova anche della deposizione sul wafer di film di diversi materiali."

Potrebbe interessarti anche questo...è da leggere:P

http://www.dti.unimi.it/liberali/elettronica1/CircuitoIntegrato.pdf

http://www.costruttivo.it/ale/file/Tecnologia/Legge_di_Moore.pdf


 
Ultima modifica:
Il diodo a semiconduttore è un componente che ha due terminali, denominati anodo e catodo, ed una caratteristica volt-amperometrica non lineare: ciò vuol dire che il grafico che mette in relazione la tensione e la corrente non è una retta e quindi al diodo non possiamo applicare le normali leggi dell'Elettrotecnica (Ohm, Kirchhoff, principio di sovrapposizione degli effetti).
Avremo dunque due caratteristiche diverse: nella prima, in polarizzazione diretta, cioè con l'anodo a potenziale positivo rispetto al catodo, la corrente incontrerà una bassissima resistenza mentre nella seconda, in polarizzazione inversa, con l'anodo a potenziale negativo rispetto al catodo, la corrente incontrerà una resistenza elevatissima finché non raggiungerà un determinato potenziale, detto di "rottura" (Breakdown Voltage), oltre il quale la corrente aumenta bruscamente causando la possibile distruzione del componente (il fenomeno è comunque reversibile, entro certi limiti di corrente specificati dal costruttore).
Possiamo quindi concludere che il diodo si comporta da interruttore aperto (OFF) se è polarizzato inversamente e da interruttore chiuso (ON) se polarizzato direttamente. La caduta di tensione ai capi del diodo in conduzione è pari a circa 0.6V (tensione di soglia) per i diodi al Silicio.
Consideriamo ora una porta logica OR realizzata in logica DL (logica a diodi), come in figura (con la relativa tabella di verità):





Si tratta di un circuito molto semplice, che comporta tanti diodi quanti sono gli ingressi (in questo caso due), con i rispettivi catodi collegati in comune al nodo P e quindi costantemente al livello basso per cui la corrente potrà andare verso massa quando uno o entrambi gli ingressi sono a potenziale alto (tensione di alimentazione Vcc, ad es. 5V).
Il principio di funzionamento è elementare: con A=B=0 la tensione di uscita è nulla.
Con gli ingressi A=0 e B=1 oppure A=1 e B=0 oppure A=1 e B=1 l'uscita si porta al valore della tensione di ingresso, a meno della caduta di tensione sul diodo in conduzione (0.6V, come abbiamo visto).
Il resistore da 1k (1000 Ohm) viene chiamato resistore di pull-down (tirare giù) in quanto forza il punto P al livello basso, e quindi l'uscita, quando vi è almeno un ingresso alto.
Grazie e buona lettura :vv:
 
Stato
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