GUIDA Le basi dell'elettronica da un punto di vista pratico

LitterallyWho

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Buongiorno!

Come da titolo, sto cercando un testo che mi spieghi bene l'elettronica mettendo un accento particolare anche sul lato pratico.
Esempio: utilizzando un filo di materiale X e facendo 1,2 e 3, possiamo realizzare un phon. Aggiungendo anche questo componente, realizzato con materiale Y, il nostro phon può diventare anche un microonde grazie alla proprietà Z(un po' come fosse un libro per bambini che spiega determinati concetti attraverso le "curiosità").
Ho fatto un po' di ricerche, ma i risultati che ho trovato non mi hanno convinto più di tanto.
@gronag
 

quizface

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Buongiorno!

Come da titolo, sto cercando un testo che mi spieghi bene l'elettronica mettendo un accento particolare anche sul lato pratico.
Esempio: utilizzando un filo di materiale X e facendo 1,2 e 3, possiamo realizzare un phon. Aggiungendo anche questo componente, realizzato con materiale Y, il nostro phon può diventare anche un microonde grazie alla proprietà Z(un po' come fosse un libro per bambini che spiega determinati concetti attraverso le "curiosità").
Ho fatto un po' di ricerche, ma i risultati che ho trovato non mi hanno convinto più di tanto.
@gronag
Questo forse e' il piu' semplice Imparare l'elettronica partendo da zero sulla destra ci sono i link per scaricare in vari formati a seconda di come vuoi leggere.
La rivista Nuova Elettronica i suoi manuali ed i suoi KIT erano la bibbia negli anni 70/80 e 90
 
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Utente 16812

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@LitterallyWho

Immancabili le lezioni di Aliverti:
C'è anche un estratto del libro "Elettronica per maker" e un manuale completo di Arduino.

Se l'inglese non ti spaventa:
La teoria è molto basica, assolutamente insufficiente a porre delle solide basi di elettronica ma come introduzione può andare bene.

Dai un'occhiata anche al sito di R. Ilardo:
C'è una buona dispensa di elettronica digitale pratica, fatta molto bene:

https://it.wikibooks.org/wiki/Elettronica_pratica/Copertina (sezione elettronica di Wikibooks)

Se ne trovo altri, ti aggiornerò, nel frattempo se hai altro da chiedere mi trovi qui ☺️
 
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Utente 16812

Ospite
Oggi il "dominio" applicativo dell'elettronica si è esteso a nuovi settori e di pari passo si sono "arricchiti" i contenuti teorici di tale disciplina: devi pensare che al classico settore delle "comunicazioni" (e delle relative misure) si sono aggiunti i campi dei sistemi di controllo e dei calcolatori (a tale proposito dai un'occhiata al mio thread dedicato alla Cibernetica e all'automazione).
Dunque l'elettronica diviene, da un punto di vista applicativo, sinonimo di 3C (comunicazioni, controllo e calcolatori), a differenza della "visione" passata che la vedeva come la scienza e la tecnica che sono di ausilio ai sensi umani per mezzo di dispositivi che elaborano informazioni.
Oggi l'elettronica, se ci pensi bene, è sempre più "smaterializzata", un po' come sta accadendo in altri settori: anche se "l'hardware" elettronico è tuttora di fondamentale importanza, i suoi contenuti si sono espansi soprattutto per ciò che riguarda gli aspetti formali.
Mi riferisco alla possibilità, importantissima, di "modellizzare" sistemi fisici ed analizzarne il comportamento per fini applicativi: si tratta di aspetti da privilegiare, a mio avviso.
Contenuti teorici, dunque, come ad es. lo studio della fisica dello stato solido, e matematici, con cui si modellizzano sistemi e segnali informativi: il caso della "teoria dei circuiti" ne è un esempio lampante.
Vorrei ricordare l'introduzione, nel 1958, dei primi circuiti integrati monolitici, che ha consentito la realizzazione di dispositivi complessi a basso costo e con affidabilità sempre più elevata (pensa alla cosiddetta "rivoluzione dell'informazione").
In questo quadro, l'attenzione si sposta dall'analisi progettuale di circuiti verso una visione più "cibernetica", se preferisci "sistemica", basata sull'impiego di "moduli" integrati per l'elaborazione di segnali (intesi come supporto informativo).
Pensa ai dispositivi fotonici: già oggi la "fotonica" ha soppiantato l'elettronica in vari settori delle comunicazioni (ma l'elettronica rimane la base metodologica).
In conclusione di questa breve "digressione", vorrei ribadire l'importanza dell'elettronica nella formazione culturale di tutti, a prescindere dagli sbocchi professionali diversi da quelli scientifici, per due motivi: 1) attualmente l'elettronica è alla base del funzionamento di molte apparecchiature che quotidianamente tutti utilizzano; 2) le metodologie elettroniche assumono un'importanza fondamentale come strumento di ausilio nello studio di qualsiasi tipo di sistema fisico reale e nell'elaborazione di dati sperimentali.
A presto ?
 
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Utente 16812

Ospite
MODELLI DI SISTEMI ELETTRONICI
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Ponendo l'attenzione sulla natura dei segnali e sulle funzioni di elaborazione dei segnali di vari "blocchi", si evidenziano quattro tipi di sistemi elettronici:



Nel primo esempio, che riguarda i sistemi di acquisizione, un trasduttore (dispositivo in grado di trasformare una grandezza fisica non elettrica in una elettrica, chiamato anche "sensore") trasferisce il segnale x(t) a basso livello, contenente l'informazione relativa alla grandezza fisica (ossia al suo andamento nel tempo) e il disturbo "additivo", ad un amplificatore, il quale provvede ad amplificarlo.
Successivamente un filtro migliora il rapporto segnale/rumore e infine il convertitore A/D analogico-digitale trasforma il segnale da analogico in digitale, consentendone l'elaborazione da parte del computer.
Nel secondo esempio, relativo ad un sistema di trasmissione di dati, il segnale x(t), di tipo impulsivo a due livelli, viene trasmesso attraverso un canale (ad es. un doppino telefonico o una fibra ottica).
Il segnale d'uscita y(t) risulta deformato, sia per effetto del rumore che della "risposta" del canale, per cui è necessario un filtro equalizzatore in grado di compensare tali effetti.
Un rigeneratore (in pratica un "discriminatore") finale ritrasforma il segnale nella forma originaria impulsiva (sempre a due livelli).
Nel caso di un sistema di controllo di un processo (vedere anche i miei articoli di "Cibernetica e automazione") si applica il principio della "controreazione", ovvero della retroazione negativa, in modo che l'uscita del sistema segua il segnale x(t), approssimando bene il riferimento a gradino in ingresso (cioè x(t)).
A questo scopo vengono utilizzati due blocchi, il blocco di compensazione W e quello di retroazione H, i quali generano il segnale di comando.
Il quarto esempio mostra il classico sistema di alimentazione in continua, in cui la corrente alternata di rete viene dapprima rettificata da un raddrizzatore, poi livellata tramite un filtro e infine applicata ad un regolatore di tensione, che ne stabilizza il valore.
Da notare che anche quest'ultimo dispositivo funziona secondo il principio del "feedback" (retroazione) negativo, similmente ad un sistema di controllo, ma in questo caso viene utilizzato un riferimento "interno" costante che produce un'uscita costante.
In definitiva la funzione di un sistema è quella di elaborare segnali, intesi come grandezze fisiche variabili nel tempo che fanno da supporto alle informazioni: in seguito ne esamineremo alcune importanti caratteristiche.
A presto ?
 
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Utente 16812

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SEGNALI ANALOGICI E DIGITALI
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Del concetto di segnale ho già parlato qui: https://forum.tomshw.it/threads/domande-della-vita.743231/post-7046977
Discutiamo ora della differenza tra segnali analogici e digitali, la quale dipende dal modo in cui un'informazione è associata al segnale.
I segnali analogici possono assumere, nel tempo, qualsiasi valore all'interno di un certo intervallo, chiamato "gamma dinamica", vale a dire che i segnali analogici sono grandezze reali.
I segnali digitali (detti anche "numerici") possono assumere solo valori discreti all'interno di un insieme finito; se i livelli significativi sono soltanto due, i segnali digitali sono detti binari.
Ricordo che la teoria dell'informazione stabilisce che l'informazione, in bit, associata ad un segnale è uguale al logaritmo in base 2 del numero di valori possibili (tutti equiprobabili) che il segnale può assumere:
Quindi l'informazione relativa ad un segnale binario è 1 bit (il logaritmo in base 2 di 2 è 1), ad un certo istante.
Vorrei fare ora due osservazioni importanti: 1) l'informazione associata ad un segnale analogico non è infinita poiché in realtà gli infiniti valori assunti dalla grandezza analogica non sono distinguibili tra loro a causa dei disturbi, sempre presenti in ogni sistema fisico reale (pertanto l'informazione associata ad un segnale analogico è data dal rapporto tra la gamma dinamica Delta-V e la fascia d'incertezza delta-V); 2) la differenza tra segnali analogici e digitali non dipende, come ho detto, dalla forma di tali segnali ma da come i valori della grandezza fisica vengono associati all'informazione: ciò significa che la natura analogica o digitale di un segnale non dipende dal segnale stesso ma da come viene interpretato.
A presto ?
 
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Utente 16812

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SEGNALI TEMPO CONTINUO E TEMPO DISCRETO
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I segnali tempo continuo sono funzioni il cui dominio è rappresentato da tutti gli istanti contenuti in un dato intervallo di tempo (inteso come una grandezza reale).
I segnali tempo discreto hanno un dominio costituito da un insieme "discreto" di istanti, distanziati tra loro di un certo intervallo Tc, detto "periodo di campionamento" (o passo di campionamento).
Di solito propongo un esempio di conversione analogico-digitale per illustrare meglio il concetto: un segnale analogico in ingresso x(t) viene "campionato" da un campionatore, ovvero "quantizzato" in base ad istanti forniti da impulsi di clock, ottenendo in uscita un segnale y(k*Tc).
Avremo quindi una serie di impulsi ad istanti di tempo discreti.
Successivamente il segnale y(k*Tc) passa attraverso un quantizzatore, il quale fornisce in uscita un segnale digitale z(k*Tc) ottenuto associando a ciascun intervallo di valori y un certo valore di z.
Infine il segnale z(k*Tc) viene codificato, tramite un opportuno codificatore, in un codice che utilizza le sequenze di impulsi binari in parallelo.
La cosa importante da dire è che, mentre l'operazione di quantizzazione delle ampiezze è irreversibile (è impossibile "ricostruire" il segnale originario) e comporta una perdita di informazione, la quantizzazione dei tempi, vale a dire l'operazione di campionamento, è reversibile a patto di scegliere un periodo di campionamento molto piccolo (rispetto alla velocità con cui varia il segnale).
In base al teorema del campionamento di Shannon, un segnale a banda limitata si può ricostruire se i suoi campioni sono distanziati con un passo Tc<=1/2*fmax, ovvero se la frequenza 1/Tc di campionamento è maggiore o uguale a 2*fmax (chiamata frequenza di Nyquist).
Solitamente un segnale viene campionato ad una frequenza maggiore di 2*fmax in modo da utilizzare tecniche di ricostruzione più semplici, come quella "interpolativa" che si avvale di un modulo Sample-Hold (cioè di "campionamento e tenuta").
Se non viene soddisfatto il teorema di Shannon, si possono determinare, in fase di ricostruzione, fenomeni di "equivocazione" e di "aliasing", ovvero il segnale non è ricostruito fedelmente.
A presto ?
 
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Utente 16812

Ospite
SISTEMI STATICI E SISTEMI DINAMICI
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Dei sistemi ho discusso spesso sul Forum, intendendo per sistema sia un qualsiasi fenomeno fisico, naturale o artificiale, in cui gli elementi sono in relazione tra loro e determinano il comportamento dell'insieme, sia il modello matematico atto a descriverlo analiticamente.
Più astrattamente, per sistema possiamo indicare una relazione tra due funzioni temporali e un dato operatore (che da una funzione ricava l'altra).
Ribadisco l'importanza dell'approccio modellistico ad un sistema, al fine di evidenziarne gli aspetti più rilevanti, rispetto ad un certo punto di vista, e di limitarsi solo ad essi in modo da fornirne una rappresentazione semplice ma significativa.
Il modello di un sistema è caratterizzato da alcune variabili (i parametri non variano nel tempo), che rappresentano le grandezze fisiche del sistema, e dalle relazioni (matematiche) tra queste variabili.
In un dato istante, possiamo individuare le variabili d'ingresso e le variabili d'uscita, che descrivono le interazioni del sistema con l'ambiente esterno, oppure le variabili di stato, interne al sistema stesso.
Di solito si perviene ad una rappresentazione ingresso-uscita, in cui le grandezze d'uscita costituiscono le variabili dipendenti di determinate relazioni espresse in termini delle grandezze in ingresso (che sono le variabili indipendenti).
Abbiamo già parlato della classificazione dei sistemi in base ai segnali in gioco (analogici, digitali, tempo continuo e tempo discreto), ora discuteremo dei sistemi in relazione al tipo di elaborazione compiuta sui segnali.
Un sistema è statico quando le variabili d'uscita, ad un certo istante, dipendono soltanto dai valori delle variabili d'ingresso nello stesso istante, vale a dire che il sistema è privo di memoria (nel caso di sistemi digitali, spesso si parla di sistemi combinatori).
Un sistema è dinamico quando le variabili d'uscita, ad un certo istante, dipendono dai valori delle variabili d'ingresso anche negli istanti precedenti, vale a dire che il sistema è dotato di memoria (nei sistemi digitali spesso si parla di sistemi sequenziali).
La distinzione tra sistemi statici e sistemi dinamici, oltre al fatto che nei primi le equazioni rappresentative sono di tipo algebrico mentre nei secondi sono di tipo differenziale, sta nella presenza o meno di elementi in grado di immagazzinare energia (condensatori, induttori, ecc.).
Le variabili associate agli elementi che immagazzinano energia sono proprio le variabili di stato.
La rappresentazione dinamica di un sistema dipende soltanto dalle variabili di stato.
A presto ?

P.S. Faccio presente che qualsiasi circuito elettrico è un sistema analogico; anche un computer è un sistema analogico ma viene rappresentato come un sistema digitale poiché siamo interessati ai segnali digitali in uscita, in certi istanti, in relazione agli ingressi digitali applicati e non al comportamento dei suoi circuiti ?
 
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Utente 16812

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SISTEMI LINEARI E SISTEMI NON LINEARI
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Da un punto di vista analitico, un sistema lineare è caratterizzato da un modello descritto da sole equazioni lineari, in caso contrario il sistema è non lineare.
Fisicamente un sistema è lineare se ad esso è possibile applicare il principio di sovrapposizione degli effetti, il quale stabilisce che la risposta del sistema a più stimoli si può determinare sommando le risposte ai singoli stimoli (attenzione: il sistema si deve trovare inizialmente nello stato di riposo, a condizioni iniziali nulle, vale a dire che le variabili di stato devono essere tutte pari a 0).
In realtà i sistemi non sono mai lineari ma è possibile, con opportune semplificazioni, "linearizzarli" (lo vedremo tra poco) per renderne lo studio più semplice.
Faccio presente che, per dimostrare la linearità di un sistema, occorre che sia verificata non solo la proprietà di "additività" (f(x1+x2)=f(x1)+f(x2)) ma anche quella di "omogeneità" (f(k*x)=k*f(x)), ovvero la proporzionalità tra causa ed effetto.
Nei casi in cui la linearizzazione di elementi non lineari non sia possibile, lo studio di un sistema non lineare diventa piuttosto complesso poiché i vari tipi di non linearità vanno analizzati singolarmente.
Al momento non è previsto lo studio dei metodi di analisi di sistemi non lineari ma si evidenzia l'importanza di tali sistemi nell'elaborazione dei segnali, realizzata mediante circuiti elettronici (raddrizzatori, discriminatori, comparatori, limitatori, moltiplicatori, ecc.) non lineari.
Matematicamente, se non altro, i sistemi non lineari rappresentano una classe molto più vasta di quella dei sistemi lineari.
Un metodo di linearizzazione, utilizzato nello studio dei circuiti con diodi, consiste nell'approssimazione della curva reale (non lineare) con una caratteristica "lineare a tratti", costituita da intervalli in cui la funzione ingresso-uscita ha un andamento lineare.
Nel caso del diodo, la caratteristica approssimata a tratti, introducendo una tensione di soglia pari a circa 0.6V/0.7V (diodi al Si), presenta due "spezzate": 1) se Vs<0.7V (la tensione di soglia inferiore a 0.7V), l'interruttore è aperto e quindi la corrente è nulla (il diodo non conduce); 2) se Vs>0.7V (la tensione di soglia è maggiore di 0.7V), il comportamento del diodo è approssimato a quello di un generatore di tensione con un resistore in serie (la resistenza, chiamata "differenziale", rappresenta l'inverso della pendenza media nel tratto a destra della soglia).
Un altro metodo, utilizzato soprattutto nella trattazione dei transistor, è quello della "linearizzazione per piccoli segnali", che consiste nello sviluppo in serie della funzione rappresentativa della caratteristica ingresso-uscita attorno ad un certo valore della variabile d'ingresso, che fissa il cosiddetto "punto di lavoro" (o "punto di riposo") del dispositivo, al fine di determinare una funzione lineare tra le variazioni delle variabili in ingresso e in uscita, rispetto ai valori delle variabili a riposo.
Nel caso di un transistor BJT (a giunzione bipolare), si ricorre ad un modello "equivalente" (per deboli segnali), linearizzato "a parametri ibridi" (non sono omogenei tra loro), la cosiddetta "matrice h" (dall'inglese "hybrid"), che pone in relazione le variabili delle correnti e delle tensioni d'ingresso e d'uscita di un quadripolo lineare.
Buona lettura ?
 
U

Utente 16812

Ospite
SISTEMI STAZIONARI E SISTEMI NON STAZIONARI
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In base alle qualità specifiche dei parametri, un sistema può essere classificato come: 1) stazionario (o invariante nel tempo), se nell'arco temporale di osservazione i parametri rimangono costanti nel tempo; 2) non stazionario (o variante), se i parametri variano nel tempo.
Dunque, nel caso di un sistema stazionario, i coefficienti delle equazioni devono essere indipendenti dal tempo, in caso contrario il sistema è non stazionario (può essere, ad esempio, un sistema probabilistico).
Illustriamo un esempio: supponiamo di voler studiare la traiettoria di un satellite che deve essere posto in orbita, la massa del satellite è un parametro.
Nella finestra temporale necessaria alla messa in orbita del satellite, la sua massa varia poiché il combustibile viene gradualmente bruciato; in tal caso il sistema è variante (relativamente al parametro massa).
Se, tuttavia, osserviamo il sistema in un arco temporale differente, nell'ipotesi che in questa situazione non serva avviare i motori (di conseguenza la massa non varierà), possiamo classificare tale sistema (sempre relativamente al parametro massa) come stazionario.
Come criterio di approssimazione, possiamo supporre che la variazione dei coefficienti nel tempo sia molto lenta, su una scala temporale molto più ampia rispetto all'andamento dei segnali, in modo tale da considerare come stazionario (in quegli intervalli in cui i coefficienti approssimativamente siano costanti) un sistema che in effetti è variante.
Buona lettura e ... auguroni ! ?

P.S. Un esercizio: un modulatore d'ampiezza (AM) è un sistema stazionario oppure no ? ☺️
 
U

Utente 16812

Ospite
RISPOSTA LIBERA, RISPOSTA FORZATA E RISPOSTA TOTALE DI UN SISTEMA
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Per risposta libera s'intende l'andamento temporale del segnale d'uscita y(t) di un sistema, a partire da un generico istante, quando i suoi morsetti d'ingresso sono aperti.
Ciò vuol dire che: 1) se il sistema contiene solo elementi resistivi, la sua risposta libera è nulla (non può esserci segnale d'uscita se non si applica alcun segnale in ingresso); 2) se il sistema contiene elementi reattivi inizialmente carichi, la sua risposta libera può essere diversa da zero, anche in assenza di segnale d'ingresso (poiché i componenti reattivi sono in grado di mantenere il segnale d'uscita ad un valore diverso da zero fino all'esaurimento della loro energia).
Quindi possiamo dire, in sintesi, che se da t=0 in poi l'ingresso x(t) è nullo, l'uscita del sistema è determinata unicamente dallo stato iniziale (all'istante t=0) e rappresenta la sua "evoluzione" libera nel tempo.
Quando, invece, nello stato zero (cioè all'istante t=0) il sistema si trova a riposo (quindi supponendo inizialmente scarichi gli eventuali elementi reattivi) ed è soggetto ad una eccitazione x(t) diversa da zero da t=0 in poi, l'andamento temporale della sua uscita è determinata unicamente dall'eccitazione in ingresso e prende il nome di risposta (o evoluzione) forzata.
Ora, nel caso più generale, in cui al sistema che non si trova a riposo viene applicata un'eccitazione, il segnale d'uscita è determinato sia dall'eccitazione d'ingresso sia dallo stato iniziale.
In tal caso, se il sistema è lineare, la risposta totale è data dalla sovrapposizione degli effetti delle due risposte, ovvero dalla somma dell'evoluzione libera e dell'evoluzione forzata (y(t)=yl(t)+yf(t)).
In un sistema dotato di memoria finita, per tempi molto lunghi (quando sia l'evoluzione libera che quella forzata si sono sicuramente esauriti), la risposta assume un andamento, periodico o costante, che dipende unicamente dall'eccitazione (con un legame determinato dalla f.d.t. del sistema) e prende il nome di risposta "permanente".
Dunque, nell'ipotesi di linearità del sistema, la risposta complessiva può essere scomposta nelle due fasi temporali successive: la risposta in regime permanente e la risposta in fase transitoria (y(t)=yp(t)+yt(t)).
La risposta in transitorio, che si estende solo sul tempo finito di memoria del sistema, si ottiene sottraendo la risposta permanente da quella complessiva.
A presto ?

P.S. Generalmente per analizzare la risposta di un sistema nel dominio del tempo, si pone un segnale a gradino in ingresso e si osserva l'andamento transitorio in uscita. Utilizzando un oscilloscopio, in ingresso si pone un'onda quadra, in pratica una successione di gradini, in modo da visualizzare la risposta più agevolmente. Naturalmente occorre prestare attenzione che il transitorio si esaurisca prima di ciascuna commutazione dell'ingresso (ossia prima dell'arrivo del fronte d'onda successivo dell'onda quadra).
 
U

Utente 16812

Ospite
IL MICROAMPLIFICATORE OPERAZIONALE 741
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IC-741.jpg
Diamo un'occhiata alla struttura interna del microamplificatore 741 di seconda generazione (quello di prima generazione è l'operazionale 709, introdotto dalla Fairchild alla fine del 1965, a sua volta derivato dall'integrato 702), introdotto dalla Fairchild nel 1968:

1) il blocco differenziale d'ingresso, formato dalle coppie complementari di BJT Q1-Q3 (per l'ingresso non-inverting) e Q2-Q4 (per l'ingresso inverting), utilizza uno "specchio di corrente" (current mirror) Q5-Q6 come carico dinamicamente attivo, allo scopo di aumentare la resistenza in ingresso e il CMRR. Un ulteriore specchio di corrente Q10-Q11 garantisce una corrente di base costante nei BJT PNP, inoltre sulle resistenze di emettitore (dei BJT Q5-Q6) da 1 kohm si inserisce un trimmer di compensazione (esterno) da 10 kohm per il null-offset delle correnti di collettore nei due rami;

2) il blocco di amplificazione, in cui l'uscita del differenziale, prelevata dal BJT Q15 in configurazione a emitter-follower, viene inviata all'emettitore comune Q19, che ha un buon guadagno di tensione in quanto risulta caricato dallo specchio di corrente Q12-Q13. La compensazione in frequenza è assicurata dalla presenza di un condensatore MOS da 30 pF, integrato nello stesso substrato.

3) lo stadio finale dell'operazionale, formato da un amplificatore a simmetria complementare (BJT Q14-Q20), che presenta un'alta dinamica del segnale e una bassa resistenza d'uscita. Completano la configurazione alcuni BJT che fungono da traslatori di livello (level shifter) per la compensazione in temperatura ma possono servire anche per polarizzare i finali in classe AB in modo da ridurre la distorsione di cross-over. Da notare che alcuni transistor sono integrati in configurazione a multi-emettitore e multi-collettore in modo da ridurre le aree di mascheratura sul chip.

I parametri tipici del 741 sono: Aol=200000 - Ii=30nA - Ri=2Mohm - Ru=75ohm - Vu=+/- 13V. La corrente massima d'uscita è limitata a 25mA tramite transistor che fungono da protezione contro i sovraccarichi e i cortocircuiti. L'operazionale 741 è un amplificatore "general purpose" (cioè di impiego generale), con parametri elettrici prossimi a quelli di un AMP-OP ideale. Gli sviluppi successivi si sono focalizzati sul miglioramento di specifici parametri, come nel caso degli operazionali BIFET, che nello stesso substrato integrano sia il differenziale d'ingresso in tecnologia unipolare (a FET) che i driver dello stadio finale in tecnologia bipolare (a BJT), al fine di elevare la resistenza in ingresso e diminuire la corrente d'ingresso al di sotto del nA.
 

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