SISTEMI LINEARI E SISTEMI NON LINEARI
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Da un punto di vista analitico, un sistema lineare è caratterizzato da un modello descritto da sole equazioni lineari, in caso contrario il sistema è non lineare.
Fisicamente un sistema è lineare se ad esso è possibile applicare il principio di sovrapposizione degli effetti, il quale stabilisce che la risposta del sistema a più stimoli si può determinare sommando le risposte ai singoli stimoli (attenzione: il sistema si deve trovare inizialmente nello stato di riposo, a condizioni iniziali nulle, vale a dire che le variabili di stato devono essere tutte pari a 0).
In realtà i sistemi non sono mai lineari ma è possibile, con opportune semplificazioni, "linearizzarli" (lo vedremo tra poco) per renderne lo studio più semplice.
Faccio presente che, per dimostrare la linearità di un sistema, occorre che sia verificata non solo la proprietà di "additività" (f(x1+x2)=f(x1)+f(x2)) ma anche quella di "omogeneità" (f(k*x)=k*f(x)), ovvero la proporzionalità tra causa ed effetto.
Nei casi in cui la linearizzazione di elementi non lineari non sia possibile, lo studio di un sistema non lineare diventa piuttosto complesso poiché i vari tipi di non linearità vanno analizzati singolarmente.
Al momento non è previsto lo studio dei metodi di analisi di sistemi non lineari ma si evidenzia l'importanza di tali sistemi nell'elaborazione dei segnali, realizzata mediante circuiti elettronici (raddrizzatori, discriminatori, comparatori, limitatori, moltiplicatori, ecc.) non lineari.
Matematicamente, se non altro, i sistemi non lineari rappresentano una classe molto più vasta di quella dei sistemi lineari.
Un metodo di linearizzazione, utilizzato nello studio dei circuiti con diodi, consiste nell'approssimazione della curva reale (non lineare) con una caratteristica "lineare a tratti", costituita da intervalli in cui la funzione ingresso-uscita ha un andamento lineare.
Nel caso del diodo, la caratteristica approssimata a tratti, introducendo una tensione di soglia pari a circa 0.6V/0.7V (diodi al Si), presenta due "spezzate": 1) se Vs<0.7V (la tensione di soglia inferiore a 0.7V), l'interruttore è aperto e quindi la corrente è nulla (il diodo non conduce); 2) se Vs>0.7V (la tensione di soglia è maggiore di 0.7V), il comportamento del diodo è approssimato a quello di un generatore di tensione con un resistore in serie (la resistenza, chiamata "differenziale", rappresenta l'inverso della pendenza media nel tratto a destra della soglia).
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Un altro metodo, utilizzato soprattutto nella trattazione dei transistor, è quello della "linearizzazione per piccoli segnali", che consiste nello sviluppo in serie della funzione rappresentativa della caratteristica ingresso-uscita attorno ad un certo valore della variabile d'ingresso, che fissa il cosiddetto "punto di lavoro" (o "punto di riposo") del dispositivo, al fine di determinare una funzione lineare tra le variazioni delle variabili in ingresso e in uscita, rispetto ai valori delle variabili a riposo.
Nel caso di un transistor BJT (a giunzione bipolare), si ricorre ad un modello "equivalente" (per deboli segnali), linearizzato "a parametri ibridi" (non sono omogenei tra loro), la cosiddetta "matrice h" (dall'inglese "hybrid"), che pone in relazione le variabili delle correnti e delle tensioni d'ingresso e d'uscita di un quadripolo lineare.
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