La nuova P2 di Denis Verdini Ecco perché B. vuole il bavaglio

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La nuova P2 di Denis Verdini
Ecco perché B. vuole il bavaglio


Il cuore del Popolo della libertà ha una vita segreta, un’attività sotterranea. Una “nuova P2” coagulata attorno al faccendiere Flavio Carboni. Le intercettazioni la svelano. Ed è per questo che Silvio Berlusconi dice che questa legge “è sacrosanta”

Il satrapo anziano vuole il bavaglio. “È sacrosanto”, ha detto a Studio Aperto, dopo aver fatto il giro delle radio e delle tv compiacenti, Tg1, Tg2, Tg4, per tentare di fermare gli smottamenti di consenso nella sua maggioranza e nel paese. L’eco delle sue parole risuona ancora in questo giorno di silenzio della stampa italiana. Un giorno in cui è più facile comprendere perché lo vuole a tutti i costi, il bavaglio: sono proprio le intercettazioni a permettere di sviluppare indagini come quella che ha scoperto una “nuova P2” coagulata attorno al faccendiere Flavio Carboni, non senza contatti con il coordinatore del Pdl Denis Verdini. Le intercettazioni, impietose, continuano a disvelare il fondo melmoso e occulto del potere italiano. Scoprono i giochi segreti che si svolgono attorno a Silvio Berlusconi.

Carboni, finito in manette giovedì con altre due persone, è un “campione d’Italia”. Ha attraversato la storia di questo paese almeno a partire dagli anni Settanta, quando ha avviato affari con Berlusconi, sotto l’ombrello della P2, quella classica, quella di Licio Gelli, di Roberto Calvi (e, appunto, di Silvio Berlusconi, tessera numero 1816). C’è un rapporto storico tra Carboni e i fratelli Silvio e Paolo, fin dai tempi dei progetti edilizi in Costa Turchese, degli investimenti per Olbia 2. C’è una vecchia frequentazione tra Carboni e Marcello Dell’Utri.

Ma non è archeologia investigativa, quella che emerge dall’inchiesta di Roma sulla “nuova P2”. Ci sono, da una parte, gli affari da realizzare oggi: nel settore dell’energia eolica in Sardegna, per esempio, con rapporti stretti con i vertici del potere politico dell’isola, su su fino al presidente della Regione Ugo Cappellacci. Ma, dall’altra, c’è di più. Quello che emerge è un sistema di potere. Il vecchio metodo della vecchia P2: determinare le scelte della politica, pilotare le decisioni della magistratura, teleguidare l’informazione, dirottare soldi e affari. Quel metodo continua anche oggi. Per esempio nei tentativi di influire sulla Corte costituzionale che nel 2009 doveva decidere sul Lodo Alfano (cioè sulla salvezza totale, sull’improcessabilità di Silvio Berlusconi alle prese con il processo Mills). A maggio 2009, a casa del giudice della Consulta Luigi Mazzella, a Roma, arrivano il suo collega Paolo Maria Napolitano, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Carlo Vizzini e lui, Silvio Berlusconi in persona. Una delle più imbarazzanti cene nella storia della Repubblica. Sui giornali esplode lo scandalo. Appare chiaro il tentativo di condizionare la Corte. Eppure il progetto non viene abbandonato. Quattro mesi dopo, a pochi giorni dal giudizio della Consulta, il lavoro iniziato è proseguito da Denis Verdini: il 23 settembre, infatti, il coordinatore del Pdl riunisce nella sua abitazione romana Carboni, Dell’Utri, il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, i magistrati Antonio Martone e Arcibaldo Miller, oltre ad Arcangelo Martino e Raffaele Lombardi (i due personaggi arrestati con Carboni nell’inchiesta romana).

L’obiettivo è influire sulla Corte perché non bocci (come invece farà) il Lodo Salvaberlusconi. Ma la superlobby segreta lavora anche per influire sulla decisione della Corte d’appello di Milano che deve valutare l’esclusione della lista Formigoni alle Regionali. Per pesare sull’attività del Consiglio superiore della magistratura. Per sostenere la candidatura di Nicola Cosentino alle regionali in Campania…

Il fatto che le manovre non riescano non assolve chi comunque le mette in atto, non sminuisce di un grammo le sue responsabilità. La “nuova P2” lavora a tempo pieno per sostituire gli interessi degli “affiliati” alle regole istituzionali, ai percorsi della democrazia. In questo sodalizio, che somma influenze massoniche e presenze opusdeiste (Dell’Utri), ha un ruolo centrale Denis Verdini. Ruolo politico, anche al di là dell’eventuale qualificazione giudiziaria. Verdini è, al tempo stesso, potente coordinatore del Pdl, banchiere di un piccolo Banco Ambrosiano pronto a finanziare gli amici, punto di riferimento degli uomini della “cricca”.

Il Popolo della libertà ha un cuore segreto, un’attività sotterranea. Le indagini dei magistrati, con le intercettazioni telefoniche e ambientali, possono svelarli. Ecco perché per Silvio Berlusconi, massimo punto d’equilibrio politico della “nuova P2”, la legge bavaglio “è sacrosanta”.
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La nuova P2 e i summit con gli uomini di B.

Coinvolto anche il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini. A casa sua gli incontri per cercare di influenzare la Consulta sul Lodo Alfano
Ora tocca ai politici. A breve saranno sentiti Marcello Dell’Utri e Denis Verdini. Dopo gli arresti di giovedì scorso di Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino, cioé i tre protagonisti di quella che è stata ribattezzata “la nuova P2”, ora l’indagine punta alla politica nazionale. Per la prima volta dopo le indagini di Luigi De Magistris viene contestata la legge Anselmi. Per il gip romano Giovanni De Donato e per il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo siamo di fronte a “un’associazione caratterizzata dalla segretezza degli scopi dell’attività e della composizione che mira a condizionare il funzionamento di organi costituzionali e degli apparati della pubblica amministrazione”, proprio come la loggia di Licio Gelli. Il ruolo di Verdini è centrale e per questo, a leggere gli atti, sarebbe indagato per associazione a delinquere: “Verdini si pone, per la qualità e rilevanza del ruolo, per il suo ripetuto e diretto intervento in reciproco vincolo di solidarietà, per la condivisione d’interessi, come soggetto interno al sodalizio medesimo. … la rilevanza della funzione da lui svolta emerge dai ripetuti incontri organizzati presso la sua dimora di palazzo Pecci Blunt”.

Convegni a 5 stelle
Il protagonista della vicenda è però Flavio Carboni, il faccendiere coinvolto nel casoCalvi (e poi assolto) ma condannato per il crac dell’Ambrosiano. Insieme a lui sono stati arrestati Pasquale Lombardi, un giudice tributario ed ex politico Dc e di Forza Italia, riuscito a creare una rete di pubbliche relazioni nelle massime magistrature italiane con convegni a 5 stelle. Il terzo arrestato èArcangelo Martino, il politico campano della prima repubblica che ha cercato goffamente di fornire a Berlusconi l’alibi del primo incontro con la famiglia di Noemi Letizia: “gli ho presentato io il padre”, disse a beneficio dei gonzi. Solo in un paese come l’Italia una simile banda poteva riuscire ad avvicinare sottosegretari, leader di partito e presidenti di Corte.

A settembre 2009 Lombardi chiama il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli e gli chiede di intervenire sulla giudice della Corte Maria Rita Saulle: “Quella della consulta che è la donna, dice che è sua amica”. Mirabelli resiste: “mmha! Eh..non è che gli interventi valgano granché”. Ma Lombardi lo informa “sono quattro negativi, cinque positivi, tre nì” e insiste: “vedi un poco se sulla signora possiamo avere un riscontro”. Il 23 settembre la banda comincia a fare sul serio. A palazzo Pecci Blunt, abitazione romana di Denis Verdini si incontrano il coordinatore del partito di Berlusconi, il capo degli ispettori del ministero, Arcibaldo Miller, l’ex numero uno dell’Associazione magistrati e ora presidente della Commissione per la riforma Brunetta, Antonio Martone; il sottosegretario alla giustizia e senatore Giacomo Caliendo (ex procuratore generale della Cassazione, come Martone); e poi i soliti tre. Cosa ci fanno il gotha della giustizia e della politica con i faccendieri? Per il pm Capaldo parlano del Lodo Alfano. Dice Lombardi: “E poi stasera chiamo Antonio (Martone Ndr) perché abbiamo fatto un discorso anche per quanto riguarda la Corte Costituzionale (… ) Amm’ fa’ nu poc’ na conta a vedé quanti sonn’ i nostri e quanti son i loro, per cui se potimm’ correre ai ripar’, mettere delle bucature, siamo disponibili a fare tutto (… ) e poi giustamente abbiamo fissato che ogni giorno, ogni settimana bisogna che ci incontriamo per discutere tra i noi e vedere ando sta o’ buono e ando sta o’ malamente”.

“Tieni qualche amico?”
Dove ovviamente “o malemente” è chi resiste alla banda e continua ad applicare la legge a partire dall’articolo 3 della costituzione. Il 26 settembre accade l’incredibile: Lombardi, per intervenire in favore di Berlusconi, chiama Renzo Lusetti, che però fa parte del Pd. I modi sono spicci: “Mi devi dire una cosa sinteticamente … tieni qualche amico nella Corte Costituzionale?”, Alla reazione sorpresa e imbarazzata di Lusetti, Lombardi rinvia a un incontro di persona. Il Lodo Alfano è bocciato dalla Consulta ma la banda si dedica a un’altra emergenza: salvare il soldato Cosentino. Il sottosegretario amico dei Casalesi ha presentato ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del gip che chiede l’arresto e blocca la sua candidatura a presidente della Campania. Se la Cassazione annullasse l’ordinanza, il candidato alternativo, Caldoro, tornerebbe nel sottoscala. La banda si muove a tenaglia. Lombardi cerca tramite il presidente della Corte di Cassazione, Vincenzo Carbone, di accelerare i termini del ricorso e Arcangelo Martino fa circolare un dossier infamante contro Caldoro, che lo accomuna a Piero Marrazzo.

Il 7 gennaio Lombardi va in Cassazione dopo avere fissato un incontro con Carbone. Esce e telefona a Cosentino: “fai far subito la rinuncia ai termini”. Il giorno dopo è il presidente Carbone a chiamare Lombardi per informarlo che l’udienza è fissata: “Il 28 gennaio”. Lombardi cerca il colpaccio: “Ah 28 gennaio.. e n’à putimmo fa’ nu poco prima e ve’?”. Ma Carbone resiste: “Statte buono”. Il magistrato più importante d’Italia, a leggere gli atti, si fa consegnare olio da Lombardi in Cassazione. Scrive il gip: “Il 26 gennaio, appena due giorni prima della decisione sul ricorso Cosentino, Lombardi chiama nuovamente il Presidente Carbone, annunciandogli una piccola regalia: ‘Stammi a senti’… io mi so’ fatto portare l’olio e te lo porto domani mattina (…) Ci vediamo in Cassazione e facciamo il trasbordo”. Non basta: a ottobre 2009, quando si stra decidendo se prorogare l’età pensionabile dei giudici nelle condizioni di Carbone, Lombardi chiama il sottosegretario alla giustizia Caliendo: “gli ho detto, guarda che Giacomo si impegna al massimo per quello che tu desideri, per cui tu devi fare queste due cose, uno e due, m’ha detto di si … gli ho detto vedi che Giacomino ti sta facendo tutte le operazioni che vuoi tu quindi…”. Pochi mesi prima Carbone aveva chiesto a Lombardi: “Ti voglio dire una sola cosa però, io che faccio dopo che me ne vado in pensione!?”. E Lombardi: “Non ti preoccupare, ne sto parlando con l’amico mio di Milano!”.
La nuova P2 e i summit con gli uomini di B. | Il Fatto Quotidiano
 

Francomoh

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Battura sarcastica (rido invece di piangere)

Nuova P2? E quando mai è scomparsa?:(
Anche se non se ne parla non vuol mica dire che non esiste: la mafia c'è anche se non se ne parla.
 

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Battura sarcastica (rido invece di piangere)

Nuova P2? E quando mai è scomparsa?:(
Anche se non se ne parla non vuol mica dire che non esiste: la mafia c'è anche se non se ne parla.

E' si,prima era più defilata,oggi ce la ritroviamo sfacciatamente al potere,come dimostano le attuali indagini
Indovina chi viene a cena | Il Fatto Quotidiano
Berlusconi e i summit per la "sua" giustizia. Cade la prima testa: si dimette Martone


Sono arrivate le prime dimissioni per lo scandalo della “nuova P2”. Il magistrato della Cassazione Antonio Martone, secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, venerdì ha presentato al Csm una lettera in cui chiede di lasciare la toga. Martone era presente alla cena del 23 settembre 2009 nella casa romana del coordinatore del Pdl, Denis Verdini. Con lui c’erano il collega Arcibaldo Miller, il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, il faccendiere Flavio Carboni, il senatore Marcello Dell’Utri e il giudice tributario Pasquale Lombardi. Non un banchetto conviviale tra amici, ma una riunione a tavola per decidere la strategia di condizionamento della Corte costituzionale che doveva esprimersi sul Lodo Alfano. Cioè sullo scudo per salvare Berlusconi dai processi milanesi Mediaset e Mills. I commensali fanno la conta dei giudici costituzionali favorevoli e contrari al Lodo. E cercano il modo di assicurarsi una maggioranza che confermi la legge salva-premier.


Ordini e scambi
Dopo la cena, Lombardi telefona a Martone e gli detta le istruzioni: “Io farei una ricognizione, i favorevoli e i contrari. Poi vediamo come bisognerà per vedere di raggiungere i contrari… Ci sono tutti i mezzi possibili”. Le manovre non vanno a buon fine: il 7 ottobre del 2009, il Lodo viene bocciato. Ma Martone, avvocato generale (in aspettativa) presso la Cassazione, ha comunque di che rallegrarsi: a dicembre viene nominato dal ministro Renato Brunetta presidente della Commissione “per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche”.

Collezionista d’incarichi, Martone è stato fino all’anno scorso anche presidente della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali. Vicino a Unicost, la corrente moderata del sindacato delle toghe, in passato è stato anche membro del Csm e nel 1999 ha presieduto l’Anm. Le dimissioni ora gli evitano un eventuale (e infamante) procedimento disciplinare da parte del Csm, dopo quasi 45 anni di servizio.
Martone ha fatto la sua scelta in sordina. Un altro partecipante alla cena di casa Verdini, invece, il sottosegretario Caliendo, ha ieri pubblicamente dichiarato di aver partecipato all’incontro, ma ha escluso “nella maniera più assoluta che, me presente, si sia discusso di possibili pressioni sui giudici della Corte”. Caliendo si è in effetti allontanato mentre la cena era ancora in corso. Ma a metterlo al corrente delle manovre in atto ci ha pensato, subito dopo, Lombardi che lo ha chiamato al telefono. Senza alcuna protesta del sottosegretario, che non si è certo opposto all’operazione.

I tentativi di influire sulla Corte per ottenere la conferma della legge salva-Berlusconi vengono compiuti nonostante lo scandalo scoppiato appena due mesi prima. Nel luglio 2009 un articolo di Peter Gomez su l’Espresso aveva rivelato una prima cena, avvenuta nel mese di maggio a casa del giudice della Consulta Luigi Mazzella. Vi avevano partecipato un altro componete della Corte, Paolo Maria Napolitano, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini e Silvio Berlusconi in persona. Nel pieno della polemica, il presidente Francesco Amirante aveva dichiarato: “La Corte costituzionale nella sua collegialità deciderà come ha sempre fatto, in serenità e obiettività, le questioni sottoposte al suo giudizio”.


Bravi, bis
Quattro mesi dopo la prima cena, e a 14 giorni dal verdetto della Consulta, ci riprova Verdini che convoca i “fratelli” e i loro alleati. Fra loro, anche il capo degli ispettori del ministero della Giustizia, Arcibaldo Miller, in passato salvato da un imbarazzante trasferimento per incompatibilità ambientale. Due boss pentiti, Pasquale Galasso e Carmine Alfieri, avevano accusato Miller, allora pm della procura di Napoli, di avere rapporti con la camorra. Da quelle dichiarazioni erano nate due indagini a carico del magistrato, finite con l’archiviazione. Al Csm Miller aveva ammesso le frequentazioni con gli imprenditori Sorrentino, legati alla camorra: “È uno sbaglio che riconosco di aver fatto e ne subirò le conseguenze”. Le conseguenze non ci sono state. Miller ha lasciato la procura napoletana per l’ufficio degli ispettori del ministero, che ha guidato con i governi di centrodestra e di centrosinistra.

di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali
 

Francomoh

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Cosa vuoi: Silvio ha dichiarato alla luce del sole che ne faceva/fa parte e non ne vede niente di male:skept:
Spero che sia il sole estivo.....
 

atinvidia284

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Chissà se quando dichiarò il falso sul pagamento della propria quota non vedesse nulla di male anche lì.
Ma po i suoi amici si prodigavano per lui,ed egli li ringrazia chiamandoli "quattro gatti":shock:
Nelle carte spunta "Cesare"
pseudonimo del premier

http://www.repubblica.it/politica/2010/07/15/news/verbali_p3-5595001/?ref=HRER1-1



Cesare". È un nome che ricorre decine di volte nelle conversazioni della banda Carboni. Il ministro
Nei verbali dei carabinieri una nota spiega il riferimento al premier. Così come nei dialoghi intercettati dei tre membri dell'associazione segreta rubricata come "P3" E per i carabinieri non ci sono dubbi: "Cesare", quella persona che ritorna frequentemente nelle parole del faccendiere Flavio Carboni, del tributarista Pasquale Lombardi e dell'imprenditore campano Arcangelo Martino, altri non è che Silvio Berlusconi. "Cesare" è lo "pseudonimo utilizzato dai soggetti per riferirsi al presidente del Consiglio": così è scritto in una breve nota che segue un'informativa agli atti della Procura di Roma. Carboni, Lombardi e Martino fanno riferimento a contatti ripetuti con "Cesare", alludono a incontri da organizzare con il capo. Dando corpo al sospetto che il premier fosse a conoscenza degli affari e delle manovre occulte della combriccola. A partire da quelle per condizionare la Consulta sul lodo Alfano.

Niccolò Ghedini, l'avvocato del premier, non ci crede. E smentisce i carabinieri: "L'interpretazione data negli atti oltre che inveritiera è ridicola. Mai per queste vicende nessun contatto, diretto o indiretto, vi è stato fra il presidente Berlusconi e i soggetti indicati". La magistratura sta valutando con attenzione il rapporto del nucleo investigativo dell'Arma. In Procura c'è chi lavora su un'ipotesi alternativa, per la quale Cesare potrebbe essere in realtà Marcello Dell'Utri. Anche se non mancano conversazioni in cui i due nomi - quelli di Cesare e Marcello - compaiono insieme. Come quella in cui Martino annuncia a Ernesto Sica, l'ex assessore della giunta campana che avrebbe contribuito al dossier infamante su Caldoro, che l'obiettivo di una sostituzione del candidato governatore sta per essere raggiunto: "Sono già al cambio della guardia. Domani mattina arriva Cesare... Però già ha parlato con Marcello...".

"AMMA VEDÈ CESARE"
Una storia che lascia interrogativi inquietanti. Soprattutto perché lo pseudonimo di Cesare viene utilizzato prima e dopo l'ormai famoso pranzo del 23 settembre 2009, a casa Verdini, in cui - alla presenza di Dell'Utri e del sottosegretario Caliendo - si sarebbe studiato un piano per interferire sulla Consulta in vista del giudizio sul lodo Alfano. Subito dopo l'incontro, Lombardi dice a Caliendo che è andato via in anticipo: "Antonio (Antonio Martone, ex avvocato generale in Cassazione, ndr) poi ha completato, ha fatto un'ottima relazione. Siamo stati fino alle quattro lì. E abbiamo vis... Poi amma vedè Cesare quanto prima... Abbiamo fatto un discorso per quanto riguarda la Corte Costituzionale. Bisogna vedere quanti sono i nostri e quanti sono i loro, per cui se potimm' correre ai ripari, mettere delle bucature, siamo disponibili a fare tutto". E ancora a Caliendo: "Ogni giorno... Ogni settimana ci dobbiamo vedere, capire dove sta o' buono e dove o' malamente. Vagliò, tu hai la strada spianata per fare o' ministro".

"L'UOMO È SODDISFATTO?"
Poi Lombardi parla con Antonio Martone e gli dice di fare una "ricognizione sui favorevoli e i contrari. Per vedere come raggiungere i contrari". Quindi al telefono con Dell'Utri: "È stato un ottimo incontro", dice il senatore riferendosi ancora al pranzo. Lombardi: "Ti informo perché domani mi daranno altre notizie". Dell'Utri: "Tienimi informato, eh". Lombardi: "Era soddisfatto l'uomo, sì?". "Sì, sì. Comunque soddisfatto, sì". E l'uomo, secondo gli inquirenti, potrebbe essere sempre Cesare, ovvero il premier.

"DIGLIELO!"
In una successiva telefonata, Carboni parla con Martino del complotto per screditare la candidatura di Caldoro alla presidenza della Regione Campania. Carboni, alludendo al falso dossier su Caldoro, dice: "Credo sia già arrivato nelle stanze di Cesare. I tribuni hanno già dato notizia". Sempre dopo la riunione del 23, Lombardi al telefono rassicura Martino: "Più tardi (Carboni, ndr) mi darà un colpo di telefono, perché parlerà pure con Cesare". Poi Martino chiama lo stesso Carboni: il tema spinoso è sempre quello della pronuncia della Consulta sul Lodo Alfano, dei voti dei giudici costituzionali da conquistare. "Servono queste informazioni, se bisogna fare l'incontro con Cesare, con gli altri, e questa cosa dei numeri...", dice Martino. Il 25 settembre l'imprenditore campano si dice "molto ottimista" sull'esito della vicenda. E sprona il sodale Carboni a farlo sapere a chi di dovere: "Diglielo a Cesare!".

IL "CUGINO"
Il 30 settembre la "P3" sta preparando una nuova riunione a casa di Verdini e ancora Martino dice all'amico Lombardi: "Dobbiamo vederci assolutamente alle 15 allo stesso posto, perché mio cugino Cesare vuole sapere prima delle cose, hai capito?". Dopo dieci minuti lo stesso Martino si vanterà: "Mi ha chiamato mio nipote Cesare. Concretezza e risultati". E l'imprenditore dà per "probabile" la presenza del fantomatico Cesare alla riunione in programma di lì a qualche ora.

LO SCAMBIO
Il 2 ottobre Lombardi contatta il sottosegretario Cosentino. E parla dell'incontro avuto "con l'amico nostro Marcello e Denis". Ai quali lo stesso tributarista e Martino avrebbero "mostrato i denti": "Visto come stanno le cose - dice Lombardi - la settimana prossima mi incontro pure con Cesare". Cosentino annuisce e Lombardi continua: "Lui è rimasto contento per quello che gli stiamo facendo per il 6 (giorno della decisione del lodo Alfano, ndr) e allora giustamente quello che diceva Arcangelo: lui ci deve dare qualche cosa e ci deve dare te". L'allusione è a uno scambio: il sì alla candidatura di Cosentino in Campania come premio per le pressioni fatte dalla "combriccola" sui giudici costituzionali. (15 luglio 2010)
 

atinvidia284

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Le intercettazioni di Cosentino su come fare fuori Caldoro

Un pezzo importante del futuro del governo è adesso appeso a un pugno d’intercettazioni telefoniche. Proprio quelle intercettazioni che il premier vorrebbe in gran parte abolire per legge. Silvio Berlusconi minimizza e parla di “polverone”. Ma dalle carte depositate dell’inchiesta sulla nuova P2 saltano fuori sconcertanti colloqui telefonici tra il sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, e gli arrestati dalla magistratura di Roma per violazione della Legge Anselmi contro le associazioni segrete. Telefonate in cui Cosentino pianifica con loro campagne diffamatorie contro il suo compagno di partito e candidato alla presidenza della Regione Campania, Stefano Caldoro.

Così lo scontro tra finiani e berlusconiani all’interno del Pdl tocca livelli mai raggiunti prima. Anche perché il premier continua a difendere Cosentino sebbene le trascrizioni delle telefonate, che qui pubblichiamo, dimostrino il ruolo centrale del sottosegretario nella costruzione di un dossier infamante contro Caldoro.

Cosentino, in una telefonata a Arcangelo Martino (ora in carcere), elenca le località e gli alberghi che verranno poi citati nel dossier contro Caldoro: un documento che sarà pubblicato da un blog napoletano poco prima delle elezioni. Cosentino dice: ‘Ti segni questo appunto?’ Martino: ‘Sì’. Ancora Cosentino: “Miravalle, miravalle (hotel Miravalle ndr)…questo sta a via degli Astroni, alla rotonda di Agnano…’.

Il politico quindi è pienamente al corrente, e anzi apparentemente alimenta, la manovra ordita dalla Nuova P2 contro il suo compagno di partito grazie alla raccolta e la diffusione d’informazioni personali in parte vere e in parte false.

In una seconda telefonata, sempre con Martino, Cosentino spiega come “L’obiettivo principale” sia quello di far fuori politicamente Caldoro. Anche con insinuazioni (false) sulle sue abitudini sessuali. Tanto che il faccendiere Martino dice: “Qua la cosa importante è Culattone…e domani dice: vabbuò togliamo a Culattone…il resto poi viene considerato lungo il percorso del programma di lavoro…”, cioé Caldoro.

Ancora Cosentino in un’intercettazione: ”Eh vabbè comunque andiamo avanti sull’altra cosa, basta che togliamo di mezzo quello là, stiamo apposto…però, insomma, facciamolo fare e andiamo avanti”.

Le telefonate insomma provano, al di là di ogni dubbio, i legami tra i presunti appartenenti all’associazione segreta finiti in manette e Cosentino. E dimostrano come il sottosegretario abbia preso parte a una agghiacciante manovra per tentare di mettere fuori gioco Caldoro.
Le intercettazioni di Cosentino su come fare fuori Caldoro | Il Fatto Quotidiano
 

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Nelle carte spunta "Cesare"
pseudonimo del premier




"Cesare". È un nome che ricorre decine di volte nelle conversazioni della banda Carboni. Nei verbali dei carabinieri una nota spiega il riferimento al premier. Così come nei dialoghi intercettati dei tre membri dell'associazione segreta rubricata come "P3". E per i carabinieri non ci sono dubbi: "Cesare", quella persona che ritorna frequentemente nelle parole del faccendiere Flavio Carboni, del tributarista Pasquale Lombardi e dell'imprenditore campano Arcangelo Martino, altri non è che Silvio Berlusconi. "Cesare" è lo "pseudonimo utilizzato dai soggetti per riferirsi al presidente del Consiglio": così è scritto in una breve nota che segue un'informativa agli atti della Procura di Roma. Carboni, Lombardi e Martino fanno riferimento a contatti ripetuti con "Cesare", alludono a incontri da organizzare con il capo. Dando corpo al sospetto che il premier fosse a conoscenza degli affari e delle manovre occulte della combriccola. A partire da quelle per condizionare la Consulta sul lodo Alfano.

Niccolò Ghedini, l'avvocato del premier, non ci crede. E smentisce i carabinieri: "L'interpretazione data negli atti oltre che inveritiera è ridicola. Mai per queste vicende nessun contatto, diretto o indiretto, vi è stato fra il presidente Berlusconi e i soggetti indicati". La magistratura sta valutando con attenzione il rapporto del nucleo investigativo dell'Arma. In Procura c'è chi lavora su un'ipotesi alternativa, per la quale Cesare potrebbe essere in realtà Marcello Dell'Utri. Anche se non mancano conversazioni in cui i due nomi - quelli di Cesare e Marcello - compaiono insieme. Come quella in cui Martino annuncia a Ernesto Sica, l'ex assessore della giunta campana che avrebbe contribuito al dossier infamante su Caldoro, che l'obiettivo di una sostituzione del candidato governatore sta per essere raggiunto: "Sono già al cambio della guardia. Domani mattina arriva Cesare... Però già ha parlato con Marcello...".

"AMMA VEDÈ CESARE"
Una storia che lascia interrogativi inquietanti. Soprattutto perché lo pseudonimo di Cesare viene utilizzato prima e dopo l'ormai famoso pranzo del 23 settembre 2009, a casa Verdini, in cui - alla presenza di Dell'Utri e del sottosegretario Caliendo - si sarebbe studiato un piano per interferire sulla Consulta in vista del giudizio sul lodo Alfano. Subito dopo l'incontro, Lombardi dice a Caliendo che è andato via in anticipo: "Antonio (Antonio Martone, ex avvocato generale in Cassazione, ndr) poi ha completato, ha fatto un'ottima relazione. Siamo stati fino alle quattro lì. E abbiamo vis... Poi amma vedè Cesare quanto prima... Abbiamo fatto un discorso per quanto riguarda la Corte Costituzionale. Bisogna vedere quanti sono i nostri e quanti sono i loro, per cui se potimm' correre ai ripari, mettere delle bucature, siamo disponibili a fare tutto". E ancora a Caliendo: "Ogni giorno... Ogni settimana ci dobbiamo vedere, capire dove sta o' buono e dove o' malamente. Vagliò, tu hai la strada spianata per fare o' ministro".

"L'UOMO È SODDISFATTO?"
Poi Lombardi parla con Antonio Martone e gli dice di fare una "ricognizione sui favorevoli e i contrari. Per vedere come raggiungere i contrari". Quindi al telefono con Dell'Utri: "È stato un ottimo incontro", dice il senatore riferendosi ancora al pranzo. Lombardi: "Ti informo perché domani mi daranno altre notizie". Dell'Utri: "Tienimi informato, eh". Lombardi: "Era soddisfatto l'uomo, sì?". "Sì, sì. Comunque soddisfatto, sì". E l'uomo, secondo gli inquirenti, potrebbe essere sempre Cesare, ovvero il premier.

"DIGLIELO!"
In una successiva telefonata, Carboni parla con Martino del complotto per screditare la candidatura di Caldoro alla presidenza della Regione Campania. Carboni, alludendo al falso dossier su Caldoro, dice: "Credo sia già arrivato nelle stanze di Cesare. I tribuni hanno già dato notizia". Sempre dopo la riunione del 23, Lombardi al telefono rassicura Martino: "Più tardi (Carboni, ndr) mi darà un colpo di telefono, perché parlerà pure con Cesare". Poi Martino chiama lo stesso Carboni: il tema spinoso è sempre quello della pronuncia della Consulta sul Lodo Alfano, dei voti dei giudici costituzionali da conquistare. "Servono queste informazioni, se bisogna fare l'incontro con Cesare, con gli altri, e questa cosa dei numeri...", dice Martino. Il 25 settembre l'imprenditore campano si dice "molto ottimista" sull'esito della vicenda. E sprona il sodale Carboni a farlo sapere a chi di dovere: "Diglielo a Cesare!".

IL "CUGINO"
Il 30 settembre la "P3" sta preparando una nuova riunione a casa di Verdini e ancora Martino dice all'amico Lombardi: "Dobbiamo vederci assolutamente alle 15 allo stesso posto, perché mio cugino Cesare vuole sapere prima delle cose, hai capito?". Dopo dieci minuti lo stesso Martino si vanterà: "Mi ha chiamato mio nipote Cesare. Concretezza e risultati". E l'imprenditore dà per "probabile" la presenza del fantomatico Cesare alla riunione in programma di lì a qualche ora.

LO SCAMBIO
Il 2 ottobre Lombardi contatta il sottosegretario Cosentino. E parla dell'incontro avuto "con l'amico nostro Marcello e Denis". Ai quali lo stesso tributarista e Martino avrebbero "mostrato i denti": "Visto come stanno le cose - dice Lombardi - la settimana prossima mi incontro pure con Cesare". Cosentino annuisce e Lombardi continua: "Lui è rimasto contento per quello che gli stiamo facendo per il 6 (giorno della decisione del lodo Alfano, ndr) e allora giustamente quello che diceva Arcangelo: lui ci deve dare qualche cosa e ci deve dare te". L'allusione è a uno scambio: il sì alla candidatura di Cosentino in Campania come premio per le pressioni fatte dalla "combriccola" sui giudici costituzionali.
http://www.repubblica.it/politica/2010/07/15/news/verbali_p3-5595001/?ref=HREA-1
 
Stato
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