La Grecia verso il fallimento ma l'Europa continua a chiedere sacrifici disumani

Andrea Guglielmo

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Le ricette economiche ordinate finora dal Fondo monetario, Bce e Ue non hanno avuto successo. Sotto la pressione di un rischio di default che contagerebbe l'area euro, i partner europei stanno chiedendo al Governo tecnico di Lucas Papademos di ridurre ulteriormente i salari minimi del settore pubblico e privato . Le resistenze dei partiti che sostengono Papademos sono comprensibili: tagliando i redditi nel mezzo di una recessione, l'economia del Paese rischia di andare a picco e di rendere il debito pubblico, che ha raggiunto il 160% del Pil, ancor meno sostenibile.

Per tutta risposta Merkel e Sarkozy chiedono garanzie per i creditori prima di concedere un nuovo prestito da 130 miliardi, senza il quale, ricordiamo, a marzo Atene fallirà. Il Governo greco deve vincolare una parte dei fondi ricevuti al rimborso futuro dei creditori e deve destinare le proprie entrate prima di tutto a ripagare il debito sul debito. In sostanza tale prestito non verrà destinato a nuove spese, ad esempio per alleviare le sofferenze del popolo. Il timore di Merkel e Sarkozy è che, una volta ricevuti i soldi, Atene minacci il fallimento come ha fatto in passato oppure torni ad indebitarsi. Ma l’amara verità è che non ci sono più margini per aumentare le tasse e le uniche entrate possono venire dalla lotta all'evasione e da privatizzazioni che oggi non sono realistiche (tipo la vendita del Partenone). La maggiore criticità in questo momento è l’impossibilità di rifinanziare il debito greco a causa del mancato rilancio della crescita, la quale, paradossalmente, è proprio strangolata dalle iniziative della troika volte a rivitalizzare il mercato secondo logiche neoliberiste che stanno impoverendo a dismisura il popolo greco. E’ come se un dottore somministrasse quantità letali di anestetico ad un paziente morente, sorprendendosi che il povero malato non reagisca alle sue “cure”.

Secondo l’Ocse il “problema Grecia” deve essere risolto una volta per tutte attraverso un default pilotato, ovvero facendo in modo che i creditori rinuncino ad almeno il 50% del debito greco. Lo conferma anche il commissario europeo Neelie Kroes, secondo il quale “l'eurozona può sopravvivere a un addio di Atene alla moneta unica”, lasciando intendere che ogni iniziativa al di fuori del default è oramai inutile. Del resto anche un bambino capirebbe che l’economia di uno Stato non può sopravvivere ricorrendo sistematicamente a prestiti con un tasso di interesse del 31%. Tanto per rendere l’idea, un tasso del 31% comporta in 10 anni la restituzione di più del triplo dell’importo richiesto (100.000€ di capitale = 325.000€ da restituire). Dal punto di vista dei creditori, considerando le cifre in gioco e la distribuzione del debito (per lo più nelle mani delle banche greche), si evince che l’agitazione e la rigidità di Merkel e Sarkozy non deriva tanto dalle perdite dirette derivanti dal fallimento, quanto dalle possibili conseguenze per la stabilità dell’Europa. Non è un caso che l’Europa si stia predisponendo a fronteggiare questa ipotesi con un fondo comune con una “potenza di fuoco” da più di 500 miliardi di euro, ritenuta peraltro dagli esperti del tutto insufficiente.

La Grecia, per gli speculatori, rappresenta la crepa nella diga Europa: una volta aperto il varco, sarebbero immediatamente colpiti Portogallo, Spagna, Irlanda e ovviamente Italia. Ovviamente, lo spettro di un dilagarsi dell’effetto Grecia sull’Europa non giustifica affatto il massacro sociale in atto nei confronti di qualsiasi cittadino europeo. Si vuole ricordare al lettore che con l’introduzione del nuovo fondo salva Stati e con le regole fiscali concordate trai Paesi della zona Euro, il trattamento “privilegiato” mediante il quale gli stipendi minimi sono scesi a 500€ , il servizio sanitario nazionale ridotto a livelli da terzo mondo, i servizi sociali ed i diritti dei cittadini cancellati, presto potrebbe essere riservato anche ad italiani, francesi, spagnoli, irlandesi e portoghesi, sia che la Grecia fallisca, sia nel caso in cui si “salvi”. Qualora, infatti, uno di questi Paesi in un prossimo futuro avesse necessità (e l’avrà considerando gli spread dei PIIGS) di accedere al credito del fondo , dovrebbe per statuto garantire ai finanziatori un regime fiscale ed economico “adeguato” ai vincoli imposti dai creditori, con ripercussioni che abbiamo tutti i giorni davanti gli occhi: licenziamenti nel settore pubblico, riduzione del costo del lavoro privato, privatizzazioni, nuove tasse dirette (IRPEF) ed indirette (IVA e carburanti), lotta all’evasione senza pietà e svendita di beni pubblici.

Per l’Italia, purtroppo, le probabilità che si concretizzino questi scenari è ancora maggiore rispetto agli altri Stati membri dell’UE, perché oltre a ricoprire il ruolo di potenziali fruitori di questi prestiti criminali, avremo anche il ruolo di creditori (essendo membri del Meccanismo Europeo di Stabilità) con l’obbligo di partecipazione pari al 18% del credito erogato, il che vuol dire da un minimo di 90 miliardi di euro (2 manovre finanziarie lacrime e sangue) ad un massimo plausibile di oltre 180 miliardi di euro (4 manovre finanziarie lacrime e sangue). In quanto tempo saremo obbligati recuperare queste risorse, al momento non è dato sapere: dipenderà dall’evoluzione degli scenari internazionali. Considerando le tempistiche sclerotiche dei mercati finanziari, purtroppo non c’è da aspettarsi sconti di qualsiasi genere.

Richiamando una recente pubblicità di un’impresa funebre, potremmo sintetizzare quanto descritto finora così: perchè piangere due volte ? funerali (di Stato) completi da 49€ al mese (guarda caso pari esattamente all’importo che lo Stato dovrà riscuotere da ogni cittadino, neonati inclusi, per onorare l’impegno di creditore del Fondo Salva Stati).

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Articolo di Quinto Potere
 
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Dan7e

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articolo interessante, credo che l'unica soluzione percorribile sia quella di imbracciare i fucili e riprenderci con la forza il potere di decidere del nostro destino. Non sono mai stato una persona che giustifica la violenza e/o l'anarchia (in caso di una guerra civile sarebbe questa la diretta conseguenza) ma non vedo nessuno sbocco per il mio paese. Ogni giorno sento di persone che si suicidano perchè non riescono più ad andare avanti e lo stato come unica soluzione sa parlare solo di art. 18 e non di come creare occupazione e rimettere in modo l'economia, per non parlare poi dei recenti scandali di PD e Lega dove i partiti si sono intascati milioni di euro dei nostri soldi.
 

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Sul discorso art.18 considera che sono i sindacati i primi a fare casino. Nel senso a opporsi. Io a quanto ho capito, non è che cambi molto dal vecchio art.18 al nuovo. In una puntata di Ballarò, Catricalà ha detto una cosa che in fin dei conti è vera, cioè: "se un imprenditore ha 13 dipendenti e ha molto lavoro, e assumendo sfora i 15 dipendenti e quindi si trova soggetto all'art.18 non assume. Perchè poi è difficile mandar via persone che magari non fanno il loro lavoro".
Ovviamente posso sempre sbagliarmi. Ho anche capito che il nucleo della riforma del lavoro è il lavoro a tempo indeterminato. Vorrebbero eliminare tutti sti contratti a tempo, CO.CO.CO e via dicendo...
Sul discorso dei partiti, la cosa secondo me è molto facile. Il popolo può non iscriversi al partito (come me, io non sono iscritto da nessuna parte). Zero adesioni forse farebbero almeno un pò capire (mi piace pensarlo...) che c'è del dissenso.
Notiamo inoltre che sono scandali di PD e Lega. Quindi, di fatto, da una parte e dall'altra. A me piacerebbe una legge che permetta allo Stato Italiano di riappropriarsi di questi soldi. Andando anche a prelevarli nei conti esteri come Svizzera o altri se i soldi sono li. Pignorando beni fino a recuperare interamente la cifra, interessi in più, ovvio.
Io credo che l'Italia stia rischiando molto, o si cambia oppure alla fine sarà come la Grecia. Non vedo alternative. E il male principale dell'Italia non è la crisi, ma è l'italiano stesso.
 

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