GUIDA Elettronica Industriale.

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Blume.

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Utente 16812

Ospite
Quando si discute di elettronica industriale, non si possono non citare, ancor prima di parlare delle applicazioni pratiche relative all'elettronica di potenza, quei "meccanismi automatici" che hanno avuto uno sviluppo "continuo" nel tempo (basti pensare al "regolatore di Watt" che è stato sviluppato più di due secoli fa, nel 1780) e che hanno prodotto, a partire dagli anni '50 in poi (anni che videro la produzione di componenti elettronici discreti su vasta scala), quella "rivoluzione" tecnologica che prende il nome di "automazione" :sisi:
Da un punto di vista strettamente tecnico, l'automazione riguarda diversi "ambiti" delle applicazioni elettroniche, di cui i "controlli automatici" costituiscono l'aspetto più importante poiché essi intervengono in tutti quei processi in cui occorre "dosare", per così dire, il trasferimento di energia da una sorgente ad un attuatore.
Cosa s'intende per "controllo" ?
"Controllare" non significa "verificare", come di solito viene inteso.
La parola "controllo" deriva il suo significato dal verbo inglese "to control", che non ha il significato di "verifica".
Per "controllo" si intende l'insieme di tutte quelle azioni mediante le quali si fa assumere un determinato andamento ad una variabile di processo, entro certi margini di tolleranza.
In base a questa definizione, anche un personal computer può essere assimilato ad un sistema di controllo automatico ma, in casi del genere, è più appropriato parlare di sistema di calcolo automatico.
In definitiva, per chiarire quando risulta più appropriato parlare di "controllo", si deve valutare IL LIVELLO DI POTENZA della grandezza controllata e quello della grandezza che determina l'azione di controllo.
Se esiste una amplificazione di potenza, si parlerà di "controllo", in caso contrario ci troveremo nel campo del "calcolo".
Prima di concludere questa breve introduzione sui controlli automatici, vorrei ricordare, visto che l'ho citata, il significato della parola "sistema": per "sistema" si intende un insieme di elementi, detti componenti, su cui si può agire mediante uno o più ingressi, in modo da avere un determinato andamento di una o più uscite.
In generale, per un qualsiasi sistema è possibile ricavare il modello matematico che pone in relazione i segnali di comando con quelli controllati, ottenendo una descrizione del comportamento del sistema preso in esame.
Va precisato, però, che vi sono diversi tipi di modello matematico, a seconda delle applicazioni, ma, per quanto ci riguarda, noi faremo la distinzione tra modelli matematici statici e modelli matematici dinamici.
Dato che nella maggior parte dei casi il progetto di un sistema di controllo automatico fa riferimento al funzionamento in regime transitorio, la maggioranza delle applicazioni avrà una rappresentazione matematica basata su un modello di tipo dinamico.
Ecco il motivo per cui, nello studio dei sistemi di controllo, è importantissimo conoscere alcuni tipi di equazioni differenziali (E.D.), in particolare quelle lineari a coefficienti costanti.
Buona lettura ;)
 

Blume.

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Utente 16812

Ospite
Qualsiasi sistema fisico è per sua natura "continuo", vale a dire che esso occupa un certo volume e ha quindi una certa estensione e poiché le sollecitazioni cui è sottoposto sono, in genere, variabili nel tempo, si capisce come le equazioni (differenziali) che ne descrivono il modello matematico dovrebbero contenere due ordini di variabili indipendenti: il tempo t e le coordinate posizionali x, y, z, che caratterizzano la distribuzione spaziale del sistema :sisi:
Ora, allo scopo di semplificare lo studio del sistema si cercherà, quando è possibile, di "discretizzare" il sistema stesso, scindendolo in un numero finito di elementi, ciascuno caratterizzato da parametri "concentrati", così da ridurre il numero di variabili coinvolte.
Il punto è che questo tipo di modello è valido soltanto se il sistema ha dimensioni fisiche inferiori rispetto alla lunghezza d'onda lambda=v/f dei segnali in gioco :sisilui:
Un circuito composto da resistori, condensatori, induttori, trasformatori, ecc., può essere considerato un sistema a parametri concentrati, se le sue dimensioni sono piccole rispetto al lambda dei segnali in gioco.
In tal modo è possibile rappresentare gli elementi del circuito come dipendenti solo dal tempo, trascurando le sue dimensioni fisiche (x, y, z).
Alle basse frequenze e quindi ad alti valori di lambda, possiamo ritenere adeguata l'analisi del circuito a parametri concentrati.
Alle alte frequenze le dimensioni dei componenti non sono più trascurabili rispetto alla lunghezza d'onda dei segnali in gioco e, quindi, il sistema non potrà essere "discretizzato" :nunu:
In questo caso si parlerà di sistemi a parametri "distribuiti" :asd:
Facciamo qualche esempio: consideriamo un "baracchino" CB che opera sulla frequenza di 27MHz, la cosiddetta "banda cittadina", e calcoliamo la lunghezza d'onda lambda=(3*10^8)/(27*10^6)=11.1m (c=3*10^8m/s è la velocità della luce nel vuoto).
E' evidente che un baracchino CB non può avere dimensioni maggiori di 11m e quindi per tale sistema è sufficiente la rappresentazione a parametri concentrati.
Se invece consideriamo le comunicazioni via satellite, che operano in banda UHF (300-3000MHz) e SHF (3-30GHz), si vedrà che siamo su lunghezze d'onda dell'ordine di 1-10cm, comparabili con le dimensioni fisiche dei circuiti, e quindi per tali circuiti non potremo più ricorrere alla "discretizzazione a parametri concentrati".
Dovremo adottare il modello a parametri distribuiti :sisilui:
Buona lettura e a presto ;)
 
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